Su Internet così come negli spazi sociali della Rete ciò che conta è generare traffico, essere visibili e cliccati. Poco importa se per raggiungere l’obiettivo si fa ricorso a metodi e approcci non propriamente etici e corretti.
Alcuni fatti di cronaca, citati nell’articolo del New York Times, hanno evidenziato quali siano i pericoli insiti in applicazioni Web, ma anche semplici pubblicità e contenuti, pensati per generare traffico di Rete con azioni fraudolente, in alcuni casi veri e propri malware capaci di danneggiare incauti utenti e consumatori. L’inganno e la frode sono resi possibili da tecniche sofisticate che imitano e si adattano ai comportamenti umani. Ad esempio nella generazione di falsi MiPiace (like-farming e click-farming), nella gestione dei movimenti del mouse o nell’uso di credenziali e profili digitali delle piattaforme di social networking.
La realtà che ne deriva è sempre più popolata da oggetti falsi: falsi cookie, falsi profili digitali, falsi contenuti e false notizie. Una realtà che si presta alla frode, all’inganno, alla manipolazione e alla sorveglianza. Una realtà che è diventata oggetto di studio e che suggerisce un’interazione, con i tanti mondi tecnologici frequentati, improntata alla tecnoconsapevolezza.
Lo sapevi che la post-verità offusca la verità?
Il filosofo canadese Arthur Kroker già negli anni ’90 del secondo millennio aveva messo in guardia sul fatto che Internet era pieno di Data Trash. Oggi molti studi sono concordi nel rilevare che quasi il 60% del traffico della Rete non sia umano ma gestito e determinato da Bot. Un dato che permette di ritenere che molta parte di Internet e dei dati su cui è costruito il business che vi gravita intorno sia semplicemente un grande inganno. Il problema che l’inganno è presente in ogni ambito di vita, di aziende, organizzazioni e soprattutto singoli individui. Ne deriva la percezione crescente che la realtà digitale sia sempre meno vera, semplicemente frutto di narrazioni e in qualche modo falsa. Forse non è un caso che media tradizionali come la radio e la televisione non solo non stiano perdendo la loro capacità attrattiva ma si stiano ritagliando spazi di qualità e di autorevolezza sempre maggiore.
Ingannevole è anche il modo con cui viene misurato il traffico della Rete. Le metriche di Internet dovrebbero essere precise, misurabili e tracciabili, eppure i dati rilevati sembrano sempre essere ballerini e mai completamente credibili. Non lo sono perché i proprietari di Internet hanno evidenti interessi a non renderli tali. I dati che illustrano il tempo passato online dagli utenti di Facebook, servono ad esempio alla società per avere maggiori introiti dagli inserzionisti e dalle agenzie pubblicitarie. E Facebook non è la sola società tecnologica a giocare in modo ingannevole con le metriche e i dati raccolti online.
Falsi sono anche molti profili digitali che alimentano le comunità dei social network. I numeri resi noti da Facebook stessa relativi al 2018 sono impressionanti:
- 837 milioni di post/messaggi falsi
- 583 milioni di falsi profili digitali e account (negli anni precedenti erano 83, 138, 270 milioni)
Se esistono così tanti profili falsi è facile dedurre che anche i dati relativi alle visualizzazioni su YouTube possano essere falsi! False come lo sono quelle che è possibile acquistare con investimenti alla portata di tutti. L’articolo del New York Times parla di 5000 visualizzazioni (considerate tali dopo 30 secondi di video) disponibili sul mercato al costo di soli 15 dollari. Il fatto che queste visualizzazioni non siano umane non è necessariamente grave ma se lo stesso meccanismo è applicato a scopi politici come è emerso nelle elezioni presidenziali del 2016, il danno potrebbe essere elevato. Anche nel dare forma a una realtà ingannevole nella quale diventerà sempre più complicato distinguere il vero dal falso, la notizia dalla falsa notizia, la comunicazione dall’inganno.
Abituati dalla frequentazione costante di Internet e social network ed esposti a così tante falsità, il rischio è che gli utenti stessi diventino fasulli, poco reali e ancor meno credibili. Si spiega forse così le rapide discese di politici che grazie ai media sociali hanno raggiunto popolarità e potere (Renzi docet, Salvini docebit) e l’aumento di scetticismo e gnosticismo che sta iniziando a cambiare la percezione dei mondi virtuali e digitali frequentati. Una percezione difficile da cambiare perché tutti inseriti in un Matrix reale, forse meglio programmato e subdolo di quanto non fosse quello della fortunata trilogia di film che lo ha reso noto a tutti.
Se la percezione è che Internet sia la patria del falso, non ci si dovrà sorprendere se aumenteranno le richieste finalizzate a verificare che ogni interazione sia umana. Richieste che potrebbero alla lunga annoiare e urtare la sensibilità degli utenti e forse aiutarli a recuperare il senso della realtà ed aspirare a farvi ritorno. Alla ricerca di autenticità, fiducia, relazione umana (corporea) e comunità. Per riuscirci bisognerà fare delle scelte personali ma sarà anche necessario un intervento normativo e regolatorio della politica finalizzato a limitare il potere che i proprietari delle piattaforme tecnologiche hanno oggi acquisito. Tutto ciò però non sarà possibile senza l’emergere di una nuova cultura, anche tecnologica, dettata dalla consapevolezza e dalla conoscenza.