Tutti o quasi sembrano preoccupati del fatto che i loro dati sono in qualche modo raccolti, registrati e usati ma pochi si interrogano o cercano realmente di capire in che modo essi vengano utilizzati e per quali finalità. Nove su dieci degli intervistati (800 in totale tra i 12 e i 17 anni) da Ipsos affermano di non fare nulla per proteggere la loro immagine online e un adolescente su cinque non ha alcuna resipiscenza a inviare proprie immagini o video ad amici, conoscenti o semplici sconosciuti incontrati navigando in Rete. La situazione non è dissimile per gli adulti (800 intervistati con età tra i 25 e i 65 anni) che condividono con i ragazzi i comportamenti, la preoccupazione degli effetti possibili, la scarsa consapevolezza sulle conseguenze e l'assenza di una qualche forma di reazione critica.
La problematica della privacy è diventata uno dei temi più caldi degli ultimi anni ma anche la cartina di tornasole di comportamenti diffusi che indicano quanto sia contradditorio il rapporto con la privacy di cittadini digitali che si mostrano in maggioranza ben contenti di condividere i loro dati personali con Marche e piattaforme digitali in cambio di benefici o di qualcosa in cambio, anche nella forma di semplici e personalizzate esperienze di acquisto.
Il senso della vita
Questi comportamenti diffusi mostrano la complicità del cittadino della Rete e del consumatore con i grandi produttori tecnologici che con le loro piattaforme digitali sono i principali responsabili della violazione della privacy e della riservatezza dei dati delle persone. Una violazione non percepita come tale perchè limitata o assente è la consapevolezza dell'utente sui rischi che corre la riservatezza dei suoi dati e la sua sicurezza online. E' una inconsapevolezza che nasce dalla scarsa conoscenza dei rischi che corrono e di una sottovalutazione del ruolo che la violazione della privacy gioca nel determinare e condizionare le loro vite. In particolare non viene prestata a dovuta attenzione a quanto pesino le informazioni raccolte sulle loro preferenze e sui loro comportamenti nel determinare le loro scelte e i loro processi decisionali come consumatori.
La scarsa attenzione alla privacy e alla sicurezza è oggetto da tempo di numerose indagini. Tutte evidenziano dati simili, una scarsa conoscenza e attenzione al tema della privacy personale. Alcune sottolineano questo dato anche evidenziando la difficoltà sperimentata nel condurre indagini rivolte a persone che mostrano di non poter fornire risposte adeguate per la scarsa informazione che hanno sul tema o perchè non si sono mai preoccupate della privacy dei loro dati online.
Un primo dato che emerge è la incapacità a collegare il tema della privacy a quello della sicurezza e la difficoltà a definirne le differenze. Quando i due termini sono percepiti nella loro diversità, la maggioranza delle persone tende a mescolare la due cose in un'unica definizione che vede ciò che è privato come sicuro e ciò che è sicuro come privato. Pochi si interrogano però su chi e in che modo possa garantire la riservatezza dei dati personali online, garantendo al tempo stesso la loro protezione e sicurezza trattandoli come privati.
La scarsa consapevolezza sul tema della privacy si evidenzia anche con l'elevata credulità verso i proprietari delle maggiori piattaforme tecnologiche e le loro promesse di protezione della privacy individuale e personale. Questa credulità collettiva evidenzia i molti luoghi comuni circolanti come ad esempio la superiorità di Apple o di Microsoft nel garantire la privacy di chi usa le loro piattaforme. Evidenzia anche quanto poco si conosca della persistente raccolta di dati condotta non solo da Apple e Microsoft ma anche da Android, Google, Amazon, Facebook, Snapchat, Twitter, Samsung e molti altri.
La scarsa attenzione alla privacy sembra dipendere in molti casi dall'accettazione di uno scambio. Chi frequenta Facebook ad esempio sa che i contenuti pubblicati sono trasparenti (la trasparenza è la legge che governa non a caso Facebook) e possono essere visti da chiunque sia registrato alla piattaforma di social networking. Il beneficio derivante dall'uso della piattaforma e dei suoi servizi rende meno rilevante il tema della privacy e abbassa il livello di guardia che servirebbe per una maggiore sicurezza personale. La pratica dello scambio vale anche per le piattaforme o i servizi di altri produttori. Di Google si conosce la raccolta dei dati e l'uso che ne fa per la pubblicità ma la conoscenza si ferma qui e pochi sanno o si interrogano su quante reali informazioni il motore di ricerca di Google possegga su ogni singolo utente della Rete. Pochi sanno degli algoritmi di Google che portano alla personalizzazione e a filtrare ogni contenuto visualizzato in base al profilo personale che il motore di ricerca si è fatto di ogni persona. Quelli che lo sanno e sono consapevoli di quanto sia diventata trasparente e a rischio la loro privacy, sono diventati dei fanatici della privacy personale e della sicurezza. Un atteggiamento comprensibile determinato dall'informazione e conoscenza, derivate spesso da approfondimenti, letture e visioni del mondo, ad esempio relativamente alla libertà personale e alla democrazia della Rete.
I cittadini della Rete e i consumatori consapevoli, rilevano tutte le indagini, sono però una minoranza che non supera il 15%, una percentuale così bassa che lascia tranquilli i proprietari delle piattaforme tecnologiche e le loro raccolte di dati ma soprattutto le grandi Marche e le aziende che con i dati e le informazioni in loro possesso possono pianificare con cura le loro campagne promozionali e marketing online. Anche in piena violazione della privacy e usando dati che, se venissero rubati, resi trasparenti o condivisi, potrebbero anche rappresentare seri problemi alla sicurezza dei loro legittimi proprietari.