In Cina potenti applicazioni di intelligenza artificiale, integrate con Internet degli oggetti e sistemi di videosorveglianza sono già all’opera per schedare milioni di persone, semplici cittadini a spasso per le strade di una città ma anche gli studenti che entrano a scuola.
Il primo risultato dell’applicazione delle nuove tecnologie è la creazione di immense banche dati nelle quali le facce di milioni di persone sono conservate e trasformate in un semplice data set. Come tali sono destinate a vivere una lunga vita online, a diventare accessibili a tutti e forse senza alcuna previa autorizzazione di chi a quelle foto ha prestato la sua faccia reale.
Il Data Set delle Facce è alla portata di molti. Non esiste luogo sulla Terra ormai che non veda la presenza di videocamere, sempre attive, connesse tra loro e configurate per rilevare i più piccoli dettagli. Innumerevoli le videocamere/fotocamere sono anche quelle attive sullo smartphone di cui è dotata ogni persona. Ne deriva una trasparenza assoluta che rende visibile anche chi ha fatto della sua privacy una specie di mania. Così come può essere registrata qualsiasi parola che viene detta o cinguettata, la faccia di ognuno può trovarsi a essere fotografata e ripresa in continuazione, in un bar o durante una passeggiata nelle vie dello shopping cittadino, in un’apericena, durante una sessione skype, per un selfie birichino, in azienda, ecc.
La filosofia è ricerca della verità.
Tutti accettano il rischio dell’intercettazione visiva senza timori eccessivi per la privacy. Ad alcuni piace persino sapere di essere protagonisti involontari di sceneggiature ancora da scrivere. Nessuno sembra realmente preoccuparsi di un ambiente diventato sempre più mediato tecnologicamente. Pochi sembrano essere consapevoli della destinazione possibile delle immagini rubate, in particolare di quelle che trasformano le loro facce in semplici record registrati in una banca dati delle facce digitali.
La registrazione metodica delle facce dei cittadini e degli studenti non fa nessun effetto in Cina, paese nel quale la videosorveglianza è diventata vero e proprio strumento di controllo politico. Ne produce poco anche in paesi come gli Stati Uniti nel quale alcune Università hanno deciso di implementare progetti (in tutto il mondo progetti simili sono decine) finalizzati alla creazione di banche dati con immagini delle facce degli studenti durante la loro frequentazione e vita dentro i campus universitari.
Ciò che la tecnologia offre in termini di videosorveglianza dovrebbe al contrario essere oggetto di maggiore conoscenza e consapevolezza da parte dell’utente comune. Ad esempio su aspetti quali il dove, il quando e il come della videosorveglianza, le logiche che guidano gli algoritmi e quando esse vengono modificate, il dove vengono memorizzati i dati e a chi sono accessibili per il download, per la consultazione e l’analisi.
A rischio non c’è solo la privacy e la riservatezza di dati personali ma anche la possibilità di essere identificati, seguiti e controllati. Il rischio più grave però è il distacco della faccia digitalizzata dal suo proprietario. Così come il profilo digitale, una volta creato, comincia una sua vita autonoma, non necessariamente coerente con chi lo creato ma soprattutto anche quando il suo proprietario è offline, anche la faccia digitalizzata potrebbe avere una sua vita online, a prescindere da qualsiasi volere o decisione di chi è stato il soggetto che l’ha generata.
C’è bisogno di una nuova etica utile a definire norme e regole nuove e c’è bisogno di nuove sensibilità e urgenze politiche e istituzionali che la possano definire, assumere e applicare. In assenza di tutto ciò spetta a ogni singolo individuo prestare grande attenzione alla propria privacy, pensando che essa non è solo in pericolo per le azioni fatte online ma anche per l’esposizione di sé stesso alla grande rete degli oggetti e della sorveglianza che sta colonizzando il mondo, privato e pubblico, personale e lavorativo. Serve una #Tecnoconsapevolezza che non tutti hanno e che molti potrebbero essere tentati dal ricercare e praticare.