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Forme di sorveglianza di cui non si parla mai

Forme di sorveglianza di cui non si parla mai

20 Giugno 2018 Redazione SoloTablet
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Il GDPR da poco entrato in vigore ha alimentato la narrazione mediatica sulla privacy e la protezione dei dati sensibili dei cittadini europei. Nessuna o quasi narrazione racconta invece altri diritti calpestati, quelli di altri cittadini, abitanti di paesi totalitari che stanno facendo uso della tecnologia, prodotta quasi esclusivamente nei paesi occidentali e democratici, per sorvegliare, spiare, controllare e reprimere.

Le primavere arabe hanno mostrato in tutta evidenza come e quanto il potere e i governi possano trarre vantaggio dalle nuove tecnologie. Di queste primavere ormai estinte i media hanno raccontato diffusamente l'uso che i cittadini hanno fatto della tecnologia per organizzare le loro proteste, i loro raduni e le loro iniziative di informazione. Scarsa è stata invece l'attenzione verso ciò che i governi, dei paesi coinvolti dalle proteste, hanno fatto per impedirle, sedarle e controllarle attraverso la tecnologia.

Da anni è evidente che molti paesi autoritari facciano affidamento sulla tecnologia, quasi sempre di provenienza occidentale, per garantire il controllo e l'ordine, la sorveglianza e la repressione. Il risultato è spesso un abuso di potere che si traduce in violazioni dei diritti delle persone, spesso esercitate attraverso l'uso di software usato per filtrare e/o bloccare contenuti su Internet ma soprattutto per spiare i cittadini. Gli ambiti di applicabilità delle nuove tecnologie sono infiniti. Si va dall'ascolto delle telefonate da dispositivo mobile al riconoscimento vocale all'interno di reti mobili, dal leggere le email e i messaggi di testo alla censura di pagine, siti e contenuti web, dalla modifica dei testi delle email mentre stanno per essere consegnate al tracciamento degli spostamenti attraverso sistemi GPS.

Molti di questi software usati per spiare e controllare sono installati sui dispositivi personali dei cittadini utilizzando approcci e modalità simili a quelle usate dai cybercriminali che fanno uso di malware o spyware con l'obiettivo di rubare le credenziali di accesso per poi operare i loro attacchi criminali. Questi software possono trasformare le fotocamere e i microfoni di un dispositivo in strumenti di registrazione e controllo, anche quando non sono utilizzati. Le miriadi di dati e di informazioni raccolte vengono poi filtrati, organizzati e analizzati con strumenti tecnologici sempre più potenti e utili per migliorare costantemente la capacità di spionaggio, sorveglianza e controllo.

Il fenomeno è noto a tutti ma pochi ne parlano. Non ne parlano certamente le molte multinazionali o società tecnologiche, principalmente americane ma anche canadesi, tedesche e israeliane, che producono questi software e che li forniscono a paesi più o meno autoritari, ben sapendo a che utilizzo saranno destinati. Ne parlano poco o non a sufficienza i principali media delle società cosiddette democratiche. Se ne parla pochissimo sui social network, sempre più caratterizzati da disinformazione e misinformazione. Non sembrano interessati al fenomeno i governi  nazionali, gli stessi che poi si trovano a fronteggiare le molteplici crisi legate alle migrazioni di milioni di persone, molte delle quali causate dalle politiche autoritarie e dall'assenza di democrazia di paesi come Siria, Afganistan, Egitto, Turchia, ecc.

A parlarne sono rimasti i molti attivisti della Rete e associazioni nate per difendere i diritti delle persone in ogni parte del mondo, anche in paesi al di fuori delle democrazie occidentali. Queste associazioni si rivolgono principalmente ai governi affinché intervengano per monitorare se e quanto gli strumenti tecnologici venduti da aziende occidentali vengano utilizzati per una sorveglianza che si traduce in abusi, imprigionamenti, violazioni dei diritti dei cittadini e torture.

Al momento molte delle richieste di queste associazioni e dei molti cittadini della Rete sensibili agli effetti della sorveglianza tecnologica, non hanno ottenuto risposta. Le loro voci sono ancora flebili, isolate e sconosciute. Proprio per questo meriterebbero maggiore attenzione soprattutto un supporto maggiore da parte dei cittadini della Rete, in termini di condivisione e contributi informativi utili a una maggiore conoscenza e consapevolezza. 

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