COMPETENZA [1]

01 Gennaio 2022 Etica e tecnologia
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competenza - Dal latino competere, incontrarsi, dirigersi con qualcuno verso un comune obbiettivo.
Essere competente: avere potere d’azione su qualcosa.
Strana divaricazione semantica, per cui dall’ ”essere con qualcuno in vista di qualcosa” si è passati all’”essere distinti in vista di qualcosa”.
Prevale dunque il senso della competizione come gara, come “essere contro qualcuno in vista di qualcosa”.

[com·pe·tèn·za]

 

Da qualche tempo si invoca la competenza o la si nega, con un atteggiamento impensabile fino al recente passato.

I vari populismi negano la competenza politica, i “terrapiattisti” quella scientifica; siamo tornati ai tempi del mugnaio Menocchio, il contadino eretico raccontato da Carlo Ginzburg nel 1976, secondo il quale la luna era un formaggio. Menocchio non riconosceva alcuna autorità specifica alle gerarchie ecclesiastiche: «Che papi, prelati, che preti! le qual parole diceva in disprezzo, ché non credeva a loro»; il papa, in particolare, era «homo come nui», tranne per il fatto che aveva il potere e quindi più “dignità”.

Ne conseguiva, a suo dire, che non esisteva alcuna differenza tra chierici e laici: il sacramento dell’ordine era una “mercantia”. Menocchio bestemmiava “smisuratamente” e sosteneva che farlo non era affatto peccato: «Ognuno fa il suo mestier, chi arrar, chi grapar, et io fazzo il mi mestier di bestemmiar».

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Si scagliava poi contro l’uso del latino in tribunale perché «il parlar latin sia un tradimento de’ poveri, perché nelle litte li pover’homini non sanno quello si dice et sono strussiati, et se vogliono dir quatro parole bisogna haver un avocato». Secondo il mugnaio questo non era che un esempio di un generale sfruttamento di cui la Chiesa era complice e partecipe: «A questa colossale costruzione basata sullo sfruttamento dei poveri», scrive Ginzburg, Menocchio contrapponeva una religione ben diversa, «in cui tutti sono uguali, perché lo spirito di Dio è di tutti».

Quella descritta da Ginzburg non era che la versione popolaresca dello spirito della Riforma, quel big bang che portò alla nascita della modernità, intesa come dissoluzione della coscienza collettiva (etica cattolica) in coscienza individuale (etica protestante), possibilità data a ciascuno di essere “autorità a se stesso” senza mediazioni tra verità e soggettività. La Parola di Dio, verità suprema, è alla mia portata e non mi occorre competenza per intenderla. 

La competenza è dunque di nuovo sotto accusa in quanto “principio d’autorità” oppressivo e discriminatorio; ma la sua mancanza si nota e, come sulle ondate di una marea, si sale e si scende tra rifiuto e invocazione. Abbiamo allora a che fare con un abuso o una necessità?

Con tutte e due le cose. Come ogni presa di potere – sono competente perché ho il potere di fare qualcosa che altri non sanno fare – essa ci sottopone al rischio di isolarci in un principio di autoreferenzialità incomunicante. Faccio e non spiego – non illustro, non divulgo – quello che faccio; affermo, impongo e non giustifico il mio agire; mi isolo dalla comunità in una “cabina di comando” che mi rende inaccessibile e intoccabile.

Nell’altro verso, la competenza è esperienza: sapere accumulato nel tempo, frutto di un percorso formativo che mi rende capace di. In questo caso essa si riconosce e ci distingue ma non ci isola, perché “ci mette alla guida” in modo trasparente e responsabile.

 

Menocchio aveva dunque in parte ragione, ma come tutti i menocchi di oggi, aveva un torto: come scrisse John Donne…

Nessun uomo è un'Isola,
intero in se stesso.
Ogni uomo è un pezzo del Continente,
una parte della Terra.
Se una Zolla viene portata via dall'onda del Mare,
la Terra ne è diminuita,
come se un Promontorio fosse stato al suo posto,
o una Magione amica o la tua stessa Casa.
Ogni morte d'uomo mi diminuisce,
perché io partecipo all'Umanità.
E così non mandare mai a chiedere per chi suona la Campana:
Essa suona per te.

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