[len·téz·za]
La lentezza è una qualità intrinseca dell’oltrepassare. Il passare, il muoversi entro certi limiti, può essere veloce come un treno che sfreccia. Il superare un certo limite, l’andare oltre, deve essere lento, come lo scavallare di un crinale o la conquista di una vetta. Lo sa il monaco zen che passa lunghe ore in attesa dell’illuminazione. Lo sa il ricercatore che si spinge con tenacia ai limiti delle conoscenze scientifiche. Lo sa l’artista che cerca con insistenza paziente un nuovo stile, un nuovo modo di esprimersi.
“La gatta furiosa fece i figli ciechi”, dice la saggezza popolare dei proverbi.
“Nessun generale ha il potere di far crescere il grano più in fretta” dice Sun Tzu.
“Festìna lente”, dicevano i latini. Sbrigati, non perdere tempo, ma prenditi tutto il tempo che ti serve.
Il ballo veloce serve ad eccitarsi, a sfogarsi, a divertirsi, ma è col lento che si seduce o ci si abbandona alla seduzione.
Il kung fu colpisce con velocità e sorpresa, ma lil gesto rapido si prepara con i movimenti rallentati e armoniosi del tai chi chuan.
Agosto 2020. Faccio tai chi nella foresta di Fontainebleau.
La nostra è l’epoca della Grande Accelerazione, si ubriaca di velocità, ma perde il gusto della lentezza. Poi però arriva un virus sconosciuto e blocca tutto, all’improvviso, senza scadenze. Si resta fermi per un anno, forse per due. Impensabile nel nostro sistema. Eppure succede. Lo stiamo vivendo.
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E allora è il caso di riscoprire e ridare nuovo valore alla lentezza. Respirare con calma, masticare piano, sorseggiare un calice di vino, ascoltare “La plus que lente” di Debussy, o Eric Clapton “Manolenta”. E’ la nuova qualità della vita, tutta dentro la propria stanza e la propria testa.
Alta velocità ferroviaria, aerei ultrasonici, macchine veloci, computer superveloci, “non ho tempo”, “mi serve per ieri”… tutto si spegne nel brusìo ovattato del lockdown. Ed emerge la lentezza. La lettura di una poesia parola per parola, la passeggiata solitaria lungo il fiume, le chiacchiere in videoconferenza scandiscono la nuova vita con ritmi andanti, larghi, con tempi lunghi.
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E allora si scopre che per andare lontano si deve rallentare, per arrivare in cima alla montagna si deve prendere un passo lento e costante, per raggiungere un obiettivo si deve calcolare il tempo che ci vorrà senza farsi venire il fiatone.
Come tutte le parole che oltrepassano, la lentezza è ambigua, ha accezioni negative e positive. In negativo è impiegare più tempo del necessario, è reagire in ritardo di fronte ad uno stimolo, è ottusità e pigrizia. In positivo è contemplazione, rituale, solennità, calma, ma anche scioltezza, comodità, flessibilità, tensione che si allenta.
Il termine “lento” è il participio passato del latino lenire, che significa addolcire, placare, attutire. “Lentus” significa molle, pieghevole, ma anche appiccicoso, tenace. La goccia cava la pietra. La stalattite si forma nei millenni.
La lentezza è progettazione a lungo termine, considerazione sistemica del cambiamento minimo ma continuo. La visione è ampia e lenta, come il volo alto del rapace che controlla il territorio. La decisione è rapida e mirata, come la picchiata del falco sull’arvicola. Lentezza e rapidità sono lo jin e lo yang del pensare e dell’agire, l’una in funzione dell’altra.
Rapaci in volo, particolare di un mio quadro vettoriale.
Il concetto di velocità o lentezza è relativo: ogni cosa è lenta o veloce rispetto a qualche altra cosa. La bicicletta è più veloce del monopattino, ma meno veloce della moto. La sensazione di lentezza dunque emerge dal confronto con una durata “normale” o consueta. E’ soggettiva. Possiamo provarla anche di fronte ad eventi estremamente veloci, come accade quando aspettiamo per una manciata di secondi il download di un file dal web. Deprechiamo la lentezza quando vorremmo che le cose andassero più in fretta, la desideriamo quando ci sembra che vadano troppo veloci.
Ma il saggio zen ci insegna a vivere ciò che stiamo vivendo, nel momento in cui lo stiamo vivendo: quando hai fame, mangia; quando hai sete, bevi; quando hai sonno, dormi. Purtroppo l’uomo moderno e urbanizzato mangia e beve solo quando ha tempo, non dorme abbastanza, si stressa con urgenze fittizie, ossia con scadenze mal pianificate, mentre fa una cosa pensa ad altre cose e consacra questo pasticcio chiamandolo multitasking.
E allora quando abbiamo la sensazione del tempo che manca, della scadenza che incalza, delle ore che scorrono, è il momento di fermarsi, di riscoprire tutto il valore della lentezza in un mondo avviluppato nella velocità. E godersi attimo per attimo il tramonto del sole sul mare, fino a quando l’ultimo punto di luce oltrepassa l’orizzonte. Ed appare nel cielo prima Venere, poi la Luna.
Umberto Santucci si definisce un artista/artigiano dei tempi moderni che combina creatività e problem solving in attività di comunicazione multimediale, visualizzazione, arte tradizionale e digitale, formazione. Ha un sito dedicato al problem solving, www.umbertosantucci.it, dove ha pubblicato un atlante di strumenti di problem solving, e un sito artistico, www.umbertosantucci.com, dove si può visitare la sua mostra on line “Iperoggetti pandemici”.