[mon-do]
Io sono il mondo e il mondo è in me. Noi siamo il mondo e il mondo è in tutti noi.
Questo è ciò che ho imparato da un sogno fatto qualche notte fa. Perché, molto spesso, una singola passeggiata nelle vaste distese fantastiche della dimensione onirica riesce ad essere molto più eloquente di mille discorsi eruditi, tenuti da severi burocrati o da austeri professori.
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Mi ero appena assopito nel letto, quando fui colto da una strana sensazione: mi sembrava, infatti, che il mio corpo si facesse sempre più leggero e che lentamente ma inesorabilmente si sollevasse dalle lenzuola. Allora sbattei le palpebre in preda alla confusione, ma invece del rassicurante soffitto intonacato della mia camera, dinanzi ai miei occhi si aprì l’immensità del cielo stellato.
🍒🍒DISORIENTATI E IN FUGA NEL METAVERSO
L’universo, in tutto il suo splendore, si spandeva in ogni direzione ed io avevo come l’impressione di fluttuare con un movimento circolare attorno ad un superbo astro brillante, intorno al quale una miriade di oggetti celesti sembrava danzare sospesa nel vuoto siderale. Mi pareva proprio di osservare una schiera di eterei servitori intenti a rendere omaggio al trono d’oro di un sovrano splendente.
Inoltre, sentivo sulla mia pelle uno strano formicolio che da principio non riuscii bene a identificare, ma che infine con grande stupore compresi. Ciò che percepivo era l’essenza stessa della vita che proliferava in lungo e in largo sul mio corpo! Potevo avvertire chiaramente l’esistenza di miliardi di esseri che nascevano, vivevano e morivano su di me, come se io fossi tutto il loro mondo.
Come se io fossi la Terra divenuta di colpo cosciente della presenza degli esseri umani!
Proprio mentre la consapevolezza di quanto appreso si faceva largo a fatica in questa imperfetta mente mortale, mi risvegliai di soprassalto nel mio letto. Niente nella mia stanza era mutato, eppure quel miscuglio di strane e indescrivibili sensazioni non accennava ad abbandonarmi.
“La bellezza del mondo è una lama a doppio taglio, uno di gioia, l'altro d'angoscia, e taglia in due il cuore.”
La grande città nella quale vivevo mi appariva improvvisamente aliena e irriconoscibile. I profili dei palazzi che avevo imparato col tempo così bene a conoscere sembravano adesso contorcersi tumultuosamente su sé stessi, come innumerevoli pustole infette.
L’aria era colma di stomachevoli miasmi provenienti da tetre fabbriche grigiastre e una maligna pioggerella giallastra cadeva incessantemente su quello squallido paesaggio urbano, straziando le poche piante che ancora si ergevano stoicamente di fronte all’implacabile avanzata dell’industria.
A quel punto mi sentii mancare e tremando scivolai lentamente a terra. Dopo qualche istante di smarrimento scoppiai a piangere perché finalmente compresi che infierendo sul mondo stavamo uccidendo noi, stavamo uccidendo me!
Autore
Nato a Tivoli nel 1994, dopo il diploma di maturità scientifica si è laureato in Comunicazione Pubblica e d'Impresa e in Media, Comunicazione Digitale e Giornalismo presso la facoltà di Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza".
Appassionato di storia e aspirante giornalista, svolge attualmente attività di consulenza presso clienti pubblici e privati.