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Quando i filtri tagliano come il bisturi

Quando i filtri tagliano come il bisturi

01 Gennaio 2022 Etica e tecnologia
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Quanti di noi conoscono la frase della famosa fiaba di Biancaneve " Specchio servo delle mie brame, chi è la più bella del reame?"

Penso praticamente tutti, di ogni generazione possibile e immaginabile.

Quanti e quante di noi, a volte solo per imitazione, sentono quasi l'eco di quella frase e si mettono davanti allo specchio a fare la stessa cosa che faceva la strega?

Lo specchio come le automazioni del social media marketing conosceva quasi in anticipo il pensiero della vecchia regina, offrendole né più né meno la risposta coincidente con quello che questa già voleva sentirsi dire: che esisteva una più bella di lei, scatenando la sua reazione.

Per essere regina insostituibile di fascino e bellezza la regina cattiva si incammina nella terra oscura del suo stesso essere, sperando così di ottenere ciò che più brama.

Possiamo immaginarci lo specchio come una induzione che ci fa vedere meno desiderabili e che ci pone in agonismo rispetto agli altri, spingendoci ad utilizzare mezzi di vario tipo dall'omicidio (ma questo vale si spera solo per la regina cattiva), ai filtri, per cambiare la risposta dello specchio e sentirsi dire che siamo noi, di nuovo ora e per sempre, le più belle del reame. Quello della fiaba fu forse uno dei primi richiami, di probabile origine ancestrale, alla comparazione e alla sostituzione.

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Lo specchio magico in versione moderna, anche oggi assorbe le energie e ci spinge all'utilizzo di magie che piegano la percezione e quindi la realtà: i filtri. Dove una volta era trucco e parrucco ora basta scattare un selfie e utilizzare i vari software che i social ci mettono a disposizione.

Passiamo dalla dismorfofobia dello specchio a quella degli autoscatti, ma con un'arma in più che oggi ci offre una chirurgia plastica a portata di mano, che neanche il contourig e il make-up più estremo riescono ad avere la stessa potenza.

Si cerca quindi di assomigliare a ciò che vediamo di noi stessi risputato dopo il passaggio nel filtro, cercando di uccidere quel noi stessi reale che però è proprio il noi che non vogliamo più vedere. Si arriva a livelli di dipendenza per cui vederci senza filtri ci rende irrequieti, ansiosi, irritabili, schivi. Le persone possono arrivare a isolarsi, creando il loro Filtrobook personale in cui, di sovrapposizione in sovrapposizione, riescono a tornare a sentirsi desiderabili, nuovamente a proprio agio, spesso sole.

La strega di Biancaneve cercava di uccidere sé stessa attraverso Biancaneve, noi forse cerchiamo di uccidere noi stessi attraverso i filtri. La nuova dismorfofobia indotta dall'abuso dei filtri, è già diventata realtà.

La facilità con cui vi si accede l’ha già trasformata in una moda a cui si ci deve adeguare.

Purtroppo, sembra solo un ennesimo triste inizio...

 

Autrice

Sonila Gruda

Nata a Scutari, città al nord dell'Albania.

Sono una psicologa, e attualmente lavoro presso una RSA a Genova dove mi occupo di Alzheimer.

Con la passione della scrittura ho sempre cercato di approfondire i miei interessi e portare a tutti contenuti attuali e interessanti, legati anche ma non solo alla psicologia e alla ricerca scientifica.

Sono impegnata in attività di content writer, web journalist, traduttrice ed interprete.

Le mie attuali aree di interesse e di esplorazione sono le neuroscienze, il disegno, la domotica, la fotografia, intelligenza artificiale, e ogni area legata alla psicologia.

 

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