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Display indossabili ed esperienze di realtà diminuita

Display indossabili ed esperienze di realtà diminuita

11 Gennaio 2016 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Le nuove tecnologie indossabili come Google Glass, HoloLens e Oculus Rift con le loro applicazioni di realtà aumentata non fungono solo da display su cui rappresentare in modo virtuale e aumentato la realtà circostante ma si sostituiscono all’occhio umano, lo inglobano come semplice elemento e funzione di un programma e di una protesi. L’occhio teso nell’obiettivo o sul display di una macchina fotografica digitale per rubare una foto all’interno di un’esposizione, è sostituito da una protesi tecnologica incarnata dotata sia di display che di fotocamera. Ne consegue una maggiore informazione (aumentata) ma anche una capacità (umana) diminuita e privata dalle possibilità e imprevedibilità offerte all’occhio e alla percezione umana da ogni situazione ambientale o esperienza umana materiale.

Il testo che segue è la sintesi di un capitolo del mio ultimo e-book E guardo il mondo da un display pubblicato nella collana Technovisions di Delos Dgital.

L’occhio umano sostituito dall’occhio elettronico del suo dispositivo focalizza la sua fovea sulla realtà aumentata nelle sue componenti reali e virtuali ma perde completamente di vista o sfuma i contorni, quello che sta al di fuori, la sua complessità e ricchezza. L’immagine aumentata così come quella reale vengono scomposte dall’occhio umano in mille frammenti e poi ricomposte per una rapida decodifica utile al cervello per le operazioni di assegnazione di significati successive.

Il processo è sofisticato e neppure completamente conosciuto ma permette una precisione percettiva e selettiva elevata per la comprensione della realtà. La nostra capacità percettiva, come ha suggerito lo scienziato cognitivo Stanislas Dehaene, è comunque limitata, ridotta e asimmetrica. Ad esempio percepiamo a destra della fissazione dello sguardo circa il doppio di ciò percepiamo a sinistra, ad esempio su una pagina web o su un display.

Uno sguardo delimitato da uno strumento tecnologico restringe l’ambito di osservazione e il numero delle cose osservate, limitando ulteriormente il campo percettivo dell’occhio umano e catturandone completamente l’attenzione. Ne deriva una visione mediata tecnologicamente che può ingannarci sulla realtà della realtà e toglierci fiducia nelle nostre capacità visive e percettive.

L’atto del vedere su una superficie di registrazione come quella rappresentata da uno schermo tecnologico obbliga l’occhio a restringere il suo sguardo condizionandone la percezione visiva. Uno sguardo centrato su uno schermo o sulla parte visibile di esso (sullo schermo possono scorrere immagini e informazione nella forma di finestre o scelte navigazionali) elimina o riduce la percezione laterale, tipica della visione naturale umana in ambienti di tipo tridimensionali e in movimento.

Display porta di ingresso verso mondi digitali

Il dispositivo tecnologico con il suo display ad alta risoluzione è in grado di fornire maggiori informazioni grazie alle banche dati a cui è collegato ma il risultato è automatico, canalizzato, reso freddo da uno sguardo incarnato e selettivo (una selezione predeterminata da programmi, algoritmi software e scelte soggettive del programmatore) che impedisce di cogliere la molteplicità del reale così come si presenta alla variegata complessità della nostra percezione e sensibilità umane. La perdita della molteplicità non è compensata dalla possibilità di usare le funzionalità del dispositivo per condividere e socializzare le proprie esperienze. Anche le immagini e i contenuti condivisi soffrono della stessa selettività che priva chi condivide di caricare gli oggetti di vere emozioni e rendono difficile l’espressione di una reale creatività.

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Lo schermo usato come porta di ingresso a un territorio sociale costituito da reti, comunità e gruppi online è uno strumento potente di socializzazione e interazione ma al tempo stesso di schematizzazione e semplificazione di esperienze sociali che nella realtà rimangono complesse, quasi mai semplificabili attraverso automatismi, comportamenti standard (‘mipiace’) e sempre soggette allo sguardo indagatore e alle reazioni cognitive e emotive delle parti in causa. Il display che ci serve per allacciare un’amicizia sul muro delle facce, a sentire vicino lo sguardo lontano di un amico in una chat o a cinguettare allegramente in un momento di relax, limita e contrae il risultato ottenuto, rendendo spesso difficili relazioni ed esperienze autentiche, anche al di fuori della realtà virtuale dello schermo.

Esperienza visiva diminuita

La diminuzione dell’esperienza visiva e percettiva non è una novità ed è stata usata nel tempo sia per manipolare e cancellare informazione sia per sperimentare positivamente nuove forme di realtà. La storia umana è ricca di interventi mirati a cancellare, occultare o eliminare informazione, anche semplicemente vedendola e rappresentandola nell’arte in modo diverso o non vedendola affatto per motivi politici o religiosi. Fanno testo le immagini ritoccate con Photoshop, le immagini prodotte dalle pratiche di impainting (interpolazione di immagini o di video finalizzate alla ricostruzione o restaurazione con algoritmi complessi le parti mancanti o corrotte di una fotografia o dipinto), le foglie di fico applicate a molte statue rinascimentali e classiche, l’uso di tecniche di scrittura o cifratura alfabetica finalizzate a nascondere informazioni, il divieto di pubblicare foto del profeta Maometto, la rimozione dalle fotografie dei leader della rivoluzione russa oggetto delle purghe di Stalin, il ricorso a messaggi pubblicitari subliminali e le molte esperienze contemporanee legate alla ricerca di invisibilità. La novità sta oggi nell’uso di dispositivi tecnologici capaci di manipolare e mediare la nostra percezione visiva del reale attraverso strumenti e soluzioni tecnologiche indossabili e display che aumentano gli stimoli visivi ma filtrano al tempo stesso la nostra visione.

La realtà diminuita non è solo una conseguenza del ricorso a tecnologie di Realtà Aumentata ma è diventata anche oggetto di ricerca scientifica e tecnologica per la produzione di sistemi capaci di bloccare informazioni digitali o reali impedendo che siano percepite, viste e elaborate. Il termine di Realtà Diminuita, coniato da Steve Mann, serve a descrivere una realtà dalla quale sono stati rimossi aspetti indesiderati di realtà reale. Le soluzioni fin qui sperimentate permettono la rimozione di oggetti da un video YouTube, la riduzione di messaggi esterni o promozioni pubblicitarie in arrivo. L’obiettivo è permettere all’individuo di poter prestare maggiore attenzione alla realtà circostante, ad esempio la strada trafficata che sta percorrendo in macchina.

Una soluzione paradossale che sembra confermare la validità dell’intuizione di una Realtà Aumentata che, nella realtà, impedisce un normale e pieno utilizzo degli strumenti naturali di cui l’essere umano dispone da sempre e che sono usati per creare realtà aumentate o diminuite, non mediate tecnologicamente. Steve Mann ha creato il dispositivo Eye Tap per intercettare messaggi promozionali e bloccarli ritornando all’individuo il controllo sulla realtà. Un controllo che gli umani attivano sempre con processi cerebrali e meccanismi di apprendimento che servono ad esempio a focalizzare solo alcune porzioni dello schermo o delle pagine web, così come della realtà. È una capacità che si esprime nell’abilità con cui si individua un posto libero a sedere su un treno o ci si sposta in una piazza affollata per seguire percorsi più liberi o per anticipare le mosse degli altri.

Mentre la Realtà Aumentata può distogliere lo sguardo dell’individuo da informazioni non mediate tecnologicamente ma forse più utili o interessanti, quella diminuita lascia intravedere soluzioni future nelle quali potrebbe essere fatto sparire da una notizia un barcone pieno di migranti o le immagini dell’attacco terroristico di Ankara. La prima e la seconda contribuiscono con i loro display a dare forma a realtà virtuali e parallele nelle quali potrebbe cambiare non solo la nostra esperienza percettiva ma anche il nostro modo di guardare. Provate a pensare alla rimozione dallo scatto fotografico di un turista che ha oscurato parte dell’oggetto o del panorama fotografato, alla sottrazione di elementi della realtà per rendere lo sguardo più nitido e capace di cogliere i confini tra gli oggetti. Provate poi a pensare alle potenziali conseguenze in termini di manipolazione e trasformazione della realtà che potrebbe configurarsi come una sceneggiatura o una qualsiasi post-produzione televisiva, sempre manipolabile e modificabile, anche con flashback e modifiche al passato.

Ricchezza e limitatezza dello sguardo

L’esperienza di una realtà diminuita passa oggi prevalentemente attraverso i display dei dispositivi mobili e delle loro applicazioni. Domani, quando gli schermi dello smartphone saranno sostituiti da display virtuali visualizzati sull’avambraccio o in schermi olografici e in visori simili a occhiali da vista, a cambiare sarà l’intera esperienza visiva del reale. Lo sguardo puntato su un oggetto sarà in grado di ritornare informazioni aggiuntive e multimediali, di fornire accesso a motori di ricerca semantica, interfacce sensoriali e altre risorse che modificheranno il nostro modo di interagire con la realtà, arricchendolo e al tempo stesso impoverendolo. La ricchezza dell’informazione sarà accompagnata dalla limitatezza dello sguardo che, nel caso delle soluzioni di realtà diminuite potrebbero comportare il suo soggiogamento alle tecnologie e ai dispositivi usati. Ad esempio lenti a contatto capaci di manipolare la realtà con l’eliminazione dalla vista di elementi di informazione indesiderati come un barbone per strada, il colore nero della pelle di un africano, l’obesità del corpo di un amico americano o immagini portatrici di sofferenza.

Pensata come tecnologia al servizio dell’intelligenza umanistica e il progresso cognitivo dell’uomo, la realtà diminuita rischia di favorire il dominio della tecnologia e la trasformazione dell’essere umano in un cyborg nel quale a dettare legge sarebbe la componente tecnologica.

La realtà, da aumentata o diminuita, diventerà personalizzata ma forse sempre più assimilabile a quella dei videogiochi. Una realtà personalizzata ma mediata tecnologicamente offrirà vantaggi e nuove opportunità per l’esplorazione delle potenzialità umane ma potrà anche incidere negativamente sulla capacità sensoriale e percettiva umana generando illusioni visive, visioni filtrate della realtà, manipolazioni cognitive, dissociazioni psicologiche e nuovi rischi quali quelli legati ad eventuali attacchi di cybercriminali o potenziali dittatori di turno, capaci di entrare in possesso di un dispositivo e di manipolarne l’utilizzo.

 

 

 

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