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In principio era la relazione!

In principio era la relazione!

14 Novembre 2017 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Per instaurare nuove relazioni sociali i bonobo, i primati che più di altri sono imparentati con la specie umana, condividono il cibo che hanno a disposizione. Lo fanno in particolare con gli estranei con l'obiettivo di instaurare nuove relazioni sociali, estendere la loto rete sociale e allargare la loro cerchia di amicizie. Gli umani del terzo millennio vanno su Facebook, forse per fare la stessa cosa ma non necessariamente con la stessa motivazione ed afficiacia.

I bonobo sono scimmie intelligenti. Meno di quanto lo siano gli esseri umani ma comunque capaci di usare la loro intelligenza anche per scopi sociali e relazionali. Forse per questo sono, tra i popoli dei primati, quelli che più di altri vengono assimilati agli umani.

I bonobo non fanno probabilmente distinzione a livello cosciente tra scelte razionali e scelte passionali ma conoscono molto bene l'importanza e i vantaggi della relazione. Gli umani al contrario sono spesso governati, anche nella frequentazione degli spazi digitali che oggi abitano,  dai loro istinti egoistici e dai loro comportamenti narcisistici che tendono a escludere gli altri e complicano non poco la relazione, il dialogo e l'interazione.

I benefici e i vantaggi di una relazione vera, indispensabile e duratura nel tempo non vengono percepiti come tali ma vissuti come capaci di condizionare il bene dell'autonomia e dell'indipendenza individuale, oggi ritenuto dai più come fondamentale. Comportamenti che denotano forse una scarsa intelligenza sociale ma evidenziano soprattutto l'incapacità ad ascoltare sè stessi, i propri bisogni inconsci e i desideri legati alla socialità, a percepire i bisogni degli altri, a concepire strategie e azioni finalizzate alla relazione, alla condivisione e all'interazione con l'obiettivo finale del bene comune. Comportamenti che denotano anche la difficoltà a fare i conti con le forze sotterranee (gli psicologi e i neurologi le collocano nella neocorteccia), inconsce e delle quali si ha scarsa consapevolezza, che governano molte azioni umane, processi decisionali e scelte.

Le scimmie e altri animali hanno sviluppato da tempo una loro abilità relazionale, evolutasi cognitivamente nel tempo, che favorisce la loro convivenza e attività sociale di gruppo. Gli umani del terzo millennio traggono vantaggio da pratiche relazionali che vengono da lontano, basate sull'intelligenza sociale dettata dall'intuito e dal buon senso,  per comprendere i nuovi contesti digitali da essi frequentati, per cercare di capire le persone, ascoltarle e dialogare con esse, interpretare le situazioni e conoscere le idee che li caratterizzano. Le scimmie, che non usano Facebook, Instagram o Linkedin, sono probabilmente poco consapevoli (coscienti) dei loro comportamenti e seguono semplici istinti utilitaristici appresi nel tempo, gli umani sono il prodotto del loro pensiero consapevole ma devono fare i conti con il loro inconscio e di quanto avviene al di sotto del livello della loro coscienza, anche nella loro vita diventata ormai sempre più digitale e virtuale.

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Essere umani

La pervasività dei media sociali è tale da coinvolgere miliardi di persone e dall'avere generato una narrazione e una retorica della relazione e della socialità che suggeriscono una riflessione più approfondita su cosa significhi oggi relazionarsi con gli altri coltivandone i legami, la connessione e l'armonia della relazione. Il primo passo da compiere è cercare di capire sè stessi, la propria intelligenza sociale o mente interiore (citazione da David Brooks) con l'obiettivo di comprendere meglio in che modo le sensazioni, la percezioni del mondo esterno (realtà fattuali così come realtà virtuali) e le emozioni condizionino positivamente e/o negativamente la socialità e la relazione (sul tema Annamaria Testa ha scritto un interessante articolo che potete leggere a questo indirizzo).

Capirsi significa avere la capacità di riflettere su sè stessi, mettersi in discussione, meditare sulle proprie azioni e sulle situazioni in cui si è coinvolti, allo scopo di far emergere i tratti profondi della personalità, i suoi aspetti positivi e negativi, quelli piacevoli e quelli  meno piacevoli ma anche la capacità di capire, interagire e relazionarsi con gli altri. In questo processo finalizzato alla comprensione non serve avere migliaia di contatti Facebook o partecipare a reti sociali numerose nelle quali intrattenere conversazioni continue ma superficiali. Meglio sviluppare le capacità relazionali, emozionali e cognitive che possono servire a costruire rapporti profondi e di intimità, frutto anche dell'accresciuta abilità nel sentire (sensazioni) e percepire (un passo avanti rieptto alla sensazione perchè frutto di una qualche forma di elaborazione cognitiva) gli ambienti frequentati, le persone che le frequentano e le situzioni nelle quali sono coinvolte.

Capire sè stessi è complicato e un esercizio senza fine, esattamente come lo è capire e relazionarsi agli (con gli) altri. La difficoltà nasce dalla scarsa comprensione di quanto sia importante trovare momenti nei quali riflettere su sè stessi cercando spiegazioni ai propri comportamenti e pensieri, fare silenzio intorno a sè liberando il flusso del pensiero in modo da facilitare l'emergere di concetti, la loro aggragazione e relazione. La difficoltà è tanto maggiore quanto più è estesa la pratica della vita online, caratterizata dalla velocità (il tempo  reale della macchina tecnologica), dall'eterno presente, dalle gratificazioni continue prodotte dalle macchine sociali dei MiPiace e delle stelline, ma anche dal sovraccarico di informazioni e dal surplus cognitivo che generano un rumore di fondo in grado di catturare costantemente l'attenzione, distrarre e impedire qualsiasi forma di azione alternativa.

Se si osservano i comportamenti di molti frequentatori di Facebook e Linkedin è difficile intravedere grandi abilità relazionali. Facile al contrario percepirne immediatamente gli scopi utilitaristici e razionali, la ricerca insistente di riconoscimenti sociali e professionali, di guadagni concreti e di obiettivi materialistici. E' come se chi agisce socialmente online lo faccia seguendo l'impulso del proprio io vissuto come protagonista assoluto della propria personalità che guarda alle realtà frequentate in rete da una certa distanza e certo di poterle in qualche modo gestire. Nel fare questo si mette nella condizione di non riuscire a percepire i numerosi segnali irrazionali, emotivi, affettivi, linguistici, comunicazionali, cognitivi che caratterizzano la vita online delle persone ma anche quella personale e individuale.

Capire i numerosi segnali emergenti dalla realtà, di cui non si è necessariamente consapevoli o coscienti, significa maturare la capacità di immergersi e di lasciarsi andare nel magma sempre eruttante della socialità umana. Significa anche imparare a sentire, percepire e ascoltare, prima di tutto sè stessi e poi gli altri, a riflettere (pensare), a meditare (contemplare in silenzio) e ad agire dopo avere riflettuto, imparato, visto e compreso. Se l'esercizio è condotto nei mondi digitali della Rete l'apprendere non può essere confuso con il diventare abili nell'usare al meglio le funzionalità sociali delle piattaforme frequentate ma nella capacità di avere una visione d'insieme, di avere una finalità relazionale intelligente fondata su una idea precisa di socialità che non si fermi alla semplice utilità e alle pratiche convenzionali ad essa associate.

Alla base i questa idea di socialità ci deve essere la disponibilità a farsi sorprendere, a meraviglairsi, a farsi colpire (ferire) da segnali non necessariamente positivi, ad immergersi nel caos delle relazioni emotive, cognitive e affettive umane, a lasciarsi andare allo stupore che sempre nasce da ciò che emerge all'improvviso e in modo del tutto imprevedibile, come ad esempio un'idea nuova o un sentimento forte mai provato prima. Il coinvolgimento che ne deriva sembra essere esattamente l'opposto di quanto cercano molti frequentatori di ambienti sociali online come Linkedin. Un coinvolgimento capace di generare incertezza, dubbi ed emozioni forti viene visto come poco utile a soddisfare bisogni concreti legati alla ricerca di un posto di lavoro o ad un avanzamento di carriera. Nella realtà è un coinvolgimento che nel tempo può generare relazioni forti, vere, fatte di conoscenze reciproche profonde (non legate ai profili digitali degli account social) che possono favorire nuove opportunità, non solo concrete e fatte da nuovi posti di lavoro ma anche di conoscenza, comprensione, dialogo, sinergia ed empatia.

Chi frequenta Linkedin sa che le opportunità possono nascere casualmente, da un incontro, un invito, l'adesione a un gruppo o una semplice conversazione. La maggior parte delle opportunità nasce però dalla capacità individuale di sintonizzarsi con quanto si muove dentro ogni contesto, ambiente (anche virtuale come la Rete) o situazione e di percepire da cosa siano caratterizzate, cosa stia aggregandosi ed emergendo, in termini di tematiche, interessi, discussioni, comportamenti, stili di vita, eccetera. E' una abilità che gli esseri umani hanno cominciato ad apprendere fin dall'inizio della loro avventura sulla Terra, quando si sono dovuti confrontare con avversità e problematiche che potevano essere affrontate solo insieme ad altri, attraverso una relazione capace di mettere a frutto e unificare l'energia, le forze e le capacità di molti (nel suo libro recente Il bisogno di pensare, il teologo e filosofo Vito Mancuso sostiene che il detto della Bibbia che "In principio era il Logos" andrebbe sotituito cone il detto "In pricipio era la relazione").

Focalizzarsi sull'importanza della relazione è oggi tanto più importante quanto più diffuso è oggi il nichilismo culturale che caratterizza la società tecnologica e che spinge, soprattutto le nuove generazioni di nativi digitali, alla pura afermazione "dell'ego contro tutti e contro tutto" (Vito Mancuso). Il primo passo da compiere per vivere la relazione nella sua interezza è rinunciare al proprio ego, ascoltare gli altri, resistere alla socialità superficiale della Rete, superare il chiacchiericcio e il rumore di fondo che la caratterizza, riflettere (elaborare nuovo pensiero riempiendolo di concetti e contenuti) su sè  stessi e sulla realtà, con l'obiettivo di elaborare giudizi valoriali e non semplici opinioni o ideologie, di dare origine a comportamenti pragamatici, flessibili, capaci di diventare buone pratiche, responsabili, intrise da buoni pensieri da sperimentare e condividere con altri.

 

 

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