Essere umani

01 Gennaio 2022 Etica e tecnologia
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Piero sta portando fuori il cane, come ogni sera, dopo le dieci.

Un testo di Bruno MagnolfiAutore, scrittore di romanzi e racconti 


C’è un grande giardino comunale adibito a questo dietro casa sua, giusto duecento metri di marciapiede, e poi è arrivato. A fianco parcheggiano le auto, a lisca di pesce, lui costeggia quelle macchine, entra nell’erba, quindi scioglie il guinzaglio, e va a sedersi tranquillo sopra una delle panchine. In genere è da solo, osserva il suo cane, pensa ai fatti propri, si trattiene lì soltanto una mezz’oretta. Poi richiama l’animale, torna ad agganciare il guinzaglio, e infine se ne va, per tornarsene a casa, senza troppa fretta.

I ragazzi imboccano la striscia del parcheggio lasciando stridere le gomme sopra l'asfalto, il motore sembra mugghiare per l'alto numero dei giri, loro probabilmente ridono delle furbate che riescono a fare quando sono in compagnia come adesso. Il cane di Piero si prende una frazione di secondo in cui svelto fiuta il pericolo di quei fari che piombano improvvisamente su di lui, e tenta forse uno scarto, ma oramai non c'è più tempo, e la parte destra del paraurti lo striscia su un fianco, lo scaraventa subito a terra, senza dargli alcuna possibilità di difesa.

Piero tiene ancora il guinzaglio, guarda il suo cane che mugola, e in un attimo si rivolge verso i ragazzi che all’improvviso si sono fermati e forse si rendono conto di quello che hanno fatto. Allora li affronta, il sangue caldo circola in fretta, tutto è immediato, gli manca quasi l’aria mentre apre lo sportello di quello che guida. Il primo pugno lo sferra in pieno viso, senza attendere niente, poi, quando l’amico scende per difendere l’altro, lui è cosciente di avere ormai lasciato il guinzaglio, e di difendere qualcosa estremamente più importante di qualsiasi altra cosa, e non gli importa se ci saranno conseguenze per quello che sta facendo.

Stende a pugni e a pedate il secondo, e in seguito anche il terzo, è una furia scatenata la sua, e forse, se avesse solo il tempo per riflettere, non riuscirebbe neppure a ricordare in tutta la sua vita quando si sia sentito un’altra volta così, forse perché non c’è mai stata una volta paragonabile, ma questo non ha alcuna importanza, perché tutta la sua esistenza si è come concentrata in questo momento, adesso, senza alcuna alternativa.

Piero piange di rabbia, alla fine, prova dentro di sé tutta l’importanza di quel momento, sente le mani doloranti, vorrebbe ancora spaccare i fari di quella macchina stupida assurdamente rimasti accesi, aspira quel silenzio fermo dell’aria, guarda i suoi nemici che si divincolano a terra nei loro dolori, vorrebbe distruggerli ancora, schiacciarli, eliminarli completamente, ma il suo cervello in pochi secondi ricomincia a funzionare quasi regolarmente.

I ragazzi si rialzano, uno vomita, gli altri due si sorreggono a vicenda. Non sanno neppure se risalire in macchina o cercare di parlare con quell’energumeno che forse ha dato loro la lezione che in fondo si sono meritati, ma proprio in quel momento guardano il guinzaglio che è rimasto lì a terra.

Piero segue d’istinto quel loro sguardo, si volta , ha ancora le mani contratte, forse vorrebbe ancora scatenare sopra di loro una parte di quella violenza provata dentro al suo spirito, ma adesso c’è qualcosa che lo richiama alla realtà, c’è qualcosa che gli chiede un gesto diverso.

Il cane è a terra, lo guarda, Piero lo prende, sembra quasi non abbia delle ferite, forse zoppica un po’, ma pare qualcosa di poco conto. E’ un film sbagliato, dicono tutti più tardi: bisogna cambiare, pensare molto di più prima di compiere cose del genere; ed infine tornare ad essere umani.

Bruno Magnolfi

 

 

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