Tabulario /

La trasformazione digitale non è un progetto

La trasformazione digitale non è un progetto

10 Maggio 2019 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
share
Si continua a pensare che la trasformazione digitale sia perseguibile come un normale progetto e secondo metodologie e modalità tradizionali. Sfugge ancora a molti la sua carica disruptive e il suo essere una rivoluzione e non una semplice evoluzione.

La trasformazione digitale rappresenta una vera sfida. Lo è nei fatti, nelle strategie e nei piani da realizzare. Il digitale non è un nuovo canale o strumento da integrare con altri, già esistenti e sperimentati. Non lo si può sperimentare con gli stessi approcci, metodi e metodologie con cui nelle aziende e nelle organizzazioni si è convissuto per anni nell’implementazione di progetti e infrastrutture tecnologiche. La sfida non nasce dalla necessità di implementare nuovi progetti più rapidamente, in modo più efficiente e magari anche con costi minori. La sfida sta tutta nel cambiamento, nella capacità di comprendere la carica dirompente delle nuove tecnologie e degli effetti che esse avranno sull’organizzazione, sulle persone, sui processi, sul mercato e sul business. Non si tratta di ripetere cose già fatte in modo diverso e con tecnologie più innovative. Si tratta di cambiare modelli di business e cultura. 

Non comprendere la carica disruptive delle nuove tecnologie significa rischiare di essere fuori dal mercato negli anni a venire. Ciò che sta succedendo già oggi a molte banche che non hanno compreso quanto la tecnologia stesse mutando la competizione sul mercato facendo nascere nuovi potenziali operatori che, liberi dai fardelli e dai modelli del passato, oggi sono maggiormente in grado di comprendere e soddisfare i bisogni della clientela e dell’utenza. La mancata comprensione nasce spesso da una errata percezione dell’importanza e del ruolo che i dati hanno assunto nel determinare il successo di un modello, di un piano marketing o di una strategia. La capacità di comprendere la rivoluzione in atto non nasce per caso, è frutto di una nuova cultura emergente e da formare, deve essere appresa da tutto il management e non può essere delegata ad altri. Tutti si devono sentire coinvolti, dall’amministratore delegato al project leader, dal responsabile dei budget al capo funzionale di una unità organizzativa. 

Il coinvolgimento di tutto il management è necessario perchè la fase decisionale è importante ma lo è molto di più quella implementativa. Lo è per la difficoltà nello scegliere il come darle corpo (focalizzazione sui budget e sui costi o sui bisogni dei clienti, ad esempio), nel farlo (in modo coordinato o per funzione business unit) e nel realizzarlo al meglio (non basta cambiare infrastrutture e organizzazione, serve cambiare cultura, modi di pensare e comportamenti delle persone coinvolte).  Il cambiamento non passa attraverso riorganizzazioni o riduzioni di personale ma incoraggiando e investendo sulle capacità e competenze che servono per affrontare e gestire il cambiamento e le sfide che da esso derivano.

 

comments powered by Disqus

Sei alla ricerca di uno sviluppatore?

Cerca nel nostro database