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Il change management prepara al cambiamento, alla novità

Il change management prepara al cambiamento, alla novità

04 Maggio 2021 Techno-Innovation
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I consulenti che si occupano di change management devono avere spirito di osservazione, saper mappare processi e ruoli, saper coordinare, comunicare ed organizzare training. Ma per mia esperienza (ed è la scelta che abbiamo fatto in azienda) è meglio avere una persona interna che si occupi di change management, non un consulente esterno. Avere esperienza nella funzione ed anzianità aziendale fanno sì che si conoscano sia i processi che le persone, e questi sono degli asset da non sottovalutare.

In questa era digitale abitiamo realtà parallele, virtuali e fattuali, vissute tutte come reali, forse ci sentiamo in gabbia. La realtà si è popolata di macchine capaci di decidere da sole, reti di oggetti interconnessi e capaci di parlare tra loro, auto senza pilota, assistenti virtuali, algoritmi che decidono per noi e intelligenze artificiali. Di fronte alla potenza e alla bellezza della tecnologia siamo tutti affascinati, attratti e coinvolti, come individui, aziende e organizzazioni. Anche sul fronte dell’innovazione. 
Le nuove tecnologie hanno un impatto fondamentale, in termini di efficienza ed efficacia, nel rendere perseguibile l’innovazione in ambiti diversi: collaborazione, trasformazione digitale, management, processi e modelli di business. Grazie alle nuove tecnologie ogni realtà imprenditoriale può agire su vari fronti: intelligenza e conoscenza, prevedibilità degli scenari futuri e visione, interazione e collaborazione. Ognuno di questi ambiti può trarre vantaggio da tecnologie specifiche: Big Data, analytics, IoT, realtà aumentata e modellazione, digital workplace, e-learning, IA, Blockchain, ecc. 
L’Italia continua a scontare la sua arretratezza in ricerca e innovazione e a poco è servito il lancio dell’industria 4.0. A eccezione di un piccolo gruppo di imprese innovative l’imprenditorialità italiana non brilla per investimenti in ricerca e innovazione, forse manca la cultura. Il gap con le altre nazioni europee si sta allargando con conseguenze facilmente prevedibili. I problemi sono noti: scarse risorse per la ricerca, la scienza, l’università e la formazione, il taglio di fondi pubblici, il mercato del lavoro, la scarsa produttività, l’adattamento verso il basso, la carenza di infrastrutture. 

 

In questo articolo proponiamo l’intervista che Lucia de Grimani ha condotto con Fabrizia Billotti,  Head Of Change Management - Finance presso CNH Industrial

Buongiorno, può raccontarci qualcosa di lei, della sua attività attuale ?

Buongiorno, nata a Torino, ho frequentato una Business School a Parigi (ora ESCP Business School) ed ho iniziato a lavorare nel marketing per un’azienda di cosmetica.

Dopo 8 anni, sono tornata in Italia ed ho cambiato completamente perché si è presentata un’opportunità in un gruppo multinazionale dove mi sono occupata di progetti in Finanza, Amministrazione e Controllo, dopodiché ho lavorato nel Controllo di Gestione. Passati circa 20 anni, mi sono voluta allontanare dai numeri per riavvicinarmi all’aspetto umano e sono riuscita ad ottenere il ruolo di responsabile Change Management (gestione del cambiamento) per la funzione Finanza, Amministrazione e Controllo, ruolo che ricopro attualmente.

In cosa consiste l’attività di change management e quanto il suo corretto svolgimento incide nel processo di Digital Transformation?

L’obiettivo del change management è portare da una situazione / uno stato corrente ad una situazione / uno stato futuro con una transizione morbida (smooth) in modo che la novità venga compresa ed accettata. Mentre il Project Management, più conosciuto, affronta il lato tecnico di un progetto / di un’evoluzione, il change management ne affronta il lato umano.

E’ risaputo che il cambiamento spaventa la maggior parte delle persone perché sovente porta ad una cosa non nota, alla quale non si è preparati. Il change management prepara al cambiamento, prepara alla novità.

La Digital Transformation richiede un cambiamento di mindset. Come per tutti i cambiamenti avvenuti con successo, è fondamentale preparare le persone, spiegando cosa succederà prima che accada (non cosa è successo, non a cose avvenute). Non bisogna nascondere che possiamo, tutti, avere dei timori. Ma si affrontano, insieme. Infatti è fondamentale gestire la resistenza al cambiamento, tanto quanto le persone propense.

 

Quali strategie vanno messe in campo per aiutare i dipendenti ad affrontare un processo di cambiamento senza far loro vivere sentimenti di “paura” e di rifiuto? Puo’ farci qualche esempio pratico?

Innanzitutto, bisogna preparare i colleghi al cambiamento, iniziando ad annunciarlo e spiegarlo prima che avvenga. All’inizio si può fare un paragone con lo stato attuale, per poi parlare solo più il nuovo linguaggio, abbandonando il vecchio, per far entrare il nuovo linguaggio (ormai corrente) nell’uso quotidiano.

Quando il change management deve soddisfare persone di tutte le età, culture, formazioni, può essere vincente usare diverse strategie di comunicazione: mail, mini-video registrati, videoconferenze con audience più o meno allargata…

Il linguaggio non deve essere astratto e pomposo, ma vicino alle persone, a quello che già conoscono per tenerli in una situazione di comfort mentre vengono accompagnati nel cambiamento. A me piace anche fare battute per sdrammatizzare, per mettere le persone a proprio agio. Ma va a carattere, e dipende dall’audience / dal pubblico.

Fondamentale non lasciare nessuno solo, far capire che si è tutti ‘sulla stessa barca’. La resistenza al cambiamento deve essere affrontata tempestivamente, anche con colloqui individuali o a piccoli gruppi. A volte può essere vincente mettere insieme persone con approccio opposto al cambiamento, favorevoli e sfavorevoli, per favorire il confronto.

Il ruolo di chi si occupa dei change management (change manager) è quello di facilitatore, anche paragonabile a quello di un direttore d’orchestra. Una volta scelti i musicisti, si deve coordinare al meglio chi ricopre ruoli diversi: sponsor, manager a tutti i livelli, team di progetto e impiegati.

Ci sono alcune scelte chiave da prendere.

Bisogna decidere accuratamente chi presenta la novità. Questa può essere annunciata ‘in pompa magna’ da uno o più leader aziendali, ma poi deve essere spiegata a tutti i livelli coinvolti. Se chi presenta la novità è una persona conosciuta, di cui ci si fida, risulta più credibile la spiegazione, con relativa declinazione dei vantaggi, e, perché no, ammettendo qualche svantaggio con l’azione per smussarlo o risolverlo. Così ogni volta che c’è un progetto sul ruolo che ho ricoperto per 10 anni, mi chiedono di presentarlo!

Bisogna coinvolgere alcune figure per promuovere il cambiamento: i cosiddetti sponsor -chi ha deciso il cambiamento e la leadership aziendale in generale- ed i change agent -persone ‘assoldate’ per portare avanti il cambiamento, di solito sono persone carismatiche alle quali si spiega nei dettagli cosa cambierà, in modo che facciano da portavoce con i colleghi.
Non dimentichiamoci che gli attori del cambiamento sono tutti i colleghi impattati!

Se si conoscono i colleghi potenzialmente reticenti, può essere una buona strategia coinvolgerli fin dal principio, dall’elaborazione della strategia di comunicazione: possono essere utili sia per trovare argomentazioni per convincere altri reticenti, sia per averli poi come ambasciatori del cambiamento (change agent): una volta convinti, saranno i sostenitori più accaniti!

Ricordo che dovevamo cambiare un sistema di reporting che aveva i suoi limiti, ma era obiettivamente user-friendly. Abbiamo organizzato demo per piccoli gruppi omogenei, quando possibile anche in una saletta riunioni. Era il turno del gruppo di un collega molto competente e simpatico, che conosco da anni e con il quale ho sempre lavorato bene, ma temevamo non fosse propenso al cambiamento, oltretutto, conoscendolo, sapevamo che si scalda facilmente. Con la responsabile del progetto, temevamo la reazione avversa ed eravamo pronte ad affrontarlo... Mi sono offerta di condurre la presentazione, dato il rapporto di fiducia. Contro ogni aspettativa, la novità gli è piaciuta. Era entusiasta. Alcuni suoi colleghi, più giovani, provavano a dire qualcosa di negativo, e lui li zittiva tessendo le lodi del nuovo sistema – vi lascio immaginare lo stupore mio e della Project Manager. E’ diventato uno dei nostri migliori change agent!

Il change management accompagna lungo tutto il processo di cambiamento, e questo include il supporto una volta avvenuto il cambiamento (il cosiddetto post go-live per i progetti) ed i festeggiamenti con le persone impattate quando il cambiamento è avvenuto (celebration). Riconoscere che abbiamo tutti partecipato al buon esito del progetto ripaga dello sforzo e fa apprezzare la novità.

Due errori da non commettere sono abbandonare le persone una volta concluso il go-live e festeggiare solo tra colleghi membri del Team di progetto.
Per avere un riscontro sul successo dell’avvenuto cambiamento, si possono fare delle survey anonime e non, ma le interviste, soprattutto informali, sono quelle che permetto di ottenere più informazioni e idee sulle eventuali ulteriori azioni da intraprendere: una formazione aggiuntiva, un manuale o un tutorial in più per esempio.

Lato celebration, non è il caso di fare grandi cose dispendiose: è il gesto che conta! Per un progetto importante abbiamo fatto preparare degli striscioni in diverse sedi su più continenti con la scritta Congratulazioni! Abbiamo convocato i colleghi in videoconferenza facendo finta che fosse una riunione operativa, invece l’obiettivo era festeggiare: abbiamo fatto ‘srotolare’ gli striscioni tutti insieme, con applauso del CFO (Chief Financial Officer) ed abbiamo tutti firmato gli striscioni delle rispettive sedi. Per un altro progetto, ho chiesto a complici in diverse sedi di preparare una torta / dei pasticcini da consegnare durante una finta riunione in videoconferenza ed abbiamo fatto merenda tutti insieme. In un’altra occasione ho organizzato un barbecue in campagna con colleghi di tutti i livelli, più informale di una cena al ristorante. Mi piace molto la fase di celebration…

 

Qual è il suo rapporto con le tecnologie e quale è l’uso che ne fa nelle sue attività lavorative?

Avendo iniziato a studiare informatica programmando in Basic, posso dire di avere un buon rapporto -di lunga data- con le tecnologie! Aggiungo che il mio primo computer è stato un Commodore 64…

Tornando seri, dato che lavoro in un gruppo multinazionale, presente in tutto il mondo, mi relaziono con colleghi in diversi fusi orari (da -7 negli USA a +10 in Australia). Per forza di cose, per comunicare, ci avvalliamo da anni delle tecnologie disponibili per la comunicazione. Prima della pandemia, avevamo comunque l’opzione di fare riunioni e formazione anche in presenza. Dal 2° trimestre 2020, facciamo tutto solo più online.

Le tecnologie ci stanno dando un grande aiuto. Stanno evolvendo anche molto in fretta, fornendo sempre maggiori possibilità di collaborazione, addirittura con opzioni ludiche che facilitano l’empatia, permettono il confronto in piccoli gruppi, aiutano a ridere insieme. Secondo me, imparare divertendosi è fondamentale a tutte le età, smorza anche la paura di non sapere o sapere meno degli altri e la paura di cambiare.

Usiamo strumenti di conferenze online, strumenti di collaborazione, e diverse opzioni per ottenere riscontri, sia in forma anonima che non: questionari, test, domande aperte.

Se nelle tecnologie includiamo i sistemi di reporting e di contabilità… In Finance molti progetti riguardano l’implementazione di nuovi sistemi e di nuove modalità di analizzare moltitudini di dati (adoro il termine data crunching, rende perfettamente l’idea!). Quando lavoravo nel Controllo di gestione, partecipavo al disegno di alcuni nuovi sistemi ed alla relativa implementazione. Come deformazione professionale, anche se ora dovrei occuparmi solo del lato umano del cambiamento… sovente continuo a partecipare attivamente anche al lato tecnico!

Come è cambiato l’ambito della sua attività nell’era digitale?

Fare change management significa anche stare vicino alle persone. Anni fa lo potevi fare solo in presenza - spostandoti da una sede all’altra- o al telefono, ma senza vedersi. Ora abbiamo l’opportunità di vederci anche senza viaggiare, di chattare in ogni momento, di sentirsi più facilmente. Un messaggio in chat è diventato un po' come bere un caffè insieme.

È banale, ma la tecnologia ha davvero accorciato le distanze e ci permette di fornire un supporto di prossimità malgrado la distanza fisica.

Nel mio ruolo, mi occupo anche di organizzare programmi di formazione e di integrazione per neoassunti. Nell’era digitale, riusciamo a fare dei lavori di gruppo con ragazzi in diversi paesi, basta mettersi d’accordo sull’orario. Non mi dilungo sulla formazione, perché abbiamo sentito tutti parlare della DAD…

 

L’innovazione della cultura aziendale e l’adozione di un nuovo mindset sono alla base della Digital Transformation; con quali modalità e attraverso quali attività lei si occupa di accompagnare i colleghi attraverso questo percorso?

Ci sono diverse modalità che funzionano in base al carattere (leggi alla propensione al cambiamento).

Ad alcuni colleghi presenti la novità come ‘WOW, c’è una novità!’ e susciti la loro curiosità illustrandola, facendo dimostrazioni pratiche della nuova modalità di lavorare come del nuovo sistema implementato, parlando il loro linguaggio, entrando nel merito delle funzionalità e dei vantaggi. Se parli un linguaggio teorico e non fai esempi pratici calati nella realtà dei colleghi, riesci a convincere solo i più lungimiranti che hanno la capacità di elaborare da soli, calando la teoria nella realtà. Altri colleghi, li devi prendere più per mano e spiegare pian piano cosa sta succedendo, dimostrando che la novità ha i suoi vantaggi, con uno stillicidio di informazioni ed esempi, non tutta la novità allo stesso tempo, perché si potrebbero spaventare.

Per le novità che coinvolgono migliaia di persone, devi attaccare da più fronti per soddisfare tutti i gusti: mail / social aziendali / informazione ‘a cascata’ (presenti a un gruppo di responsabili chiedendo a loro volta di presentare ai loro collaboratori che sono responsabili di altre persone, e così si arriva ad informare tutti). Purtroppo, la chiacchierata alla macchinetta del caffè non si può più fare, e allora si usano le chat e si cercano dei promoter per fare il passaparola. Sto usando anche lo sfondo delle videochiamate con il ‘messaggio promozionale’ e lo sto proponendo ad alcuni colleghi ‘ambasciatori’. In pratica, si tratta di trovare degli influencer!

Lo sto sperimentando proprio in questo periodo, promuovendo un sito intranet che deve essere il punto di ingresso per tutte le informazioni che interessano la comunità Finance (quasi 1800 persone nel mondo).

 

Quali competenze deve possedere un consulente che si occupa di change management ?

I consulenti che si occupano di change management devono avere spirito di osservazione, saper mappare processi e ruoli, saper coordinare, comunicare ed organizzare training. Ma per mia esperienza (ed è la scelta che abbiamo fatto in azienda) è meglio avere una persona interna che si occupi di change management, non un consulente esterno. Avere esperienza nella funzione ed anzianità aziendale fanno sì che si conoscano sia i processi che le persone, e questi sono degli asset da non sottovalutare.

Inoltre, premia avere fantasia e creatività perché non esiste una ricetta magica: non tutti i progetti di trasformazione possono essere presentati allo stesso modo. Di questi tempi, abbiamo anche il vantaggio di poter sfruttare le nuove potenzialità che offre la tecnologia. Ho appena concluso un corso per neoassunti e non, principalmente europei, cinesi, e australiani. Tenga conto che essere neoassunti in questo periodo in cui si fa molto smartworking è particolarmente difficile perché i colleghi non si conoscono in ufficio, nei corridoi, in mensa, al caffè, ma principalmente in videoconferenza. Ho pensato di proporre un Virtual Coffee-break: ho diviso i 60 invitati (professori e alunni) in 6 gruppi casuali e li ho lasciati liberi di chiacchierare, come accadeva nelle pause quando eravamo in presenza. Esperienza da mettere ‘a regime’ perché ho avuto feedback molto positivi! Io sono capitata in un gruppo con due australiani che mi hanno detto di aver particolarmente apprezzato l’iniziativa perché ha permesso loro di confrontarsi amichevolmente con persone dell’altra parte del mondo, complice il fatto che in questo periodo abbiamo solo 8 ore di fuso orario!

Un consulente esterno o un change manager interno può organizzare, dare delle idee, ma per fare change management bisogna creare empatia – chi fa change management è l’insieme dei colleghi.

Puo’ aggiungere qualche suggerimento o consiglio di lettura per tutti coloro che volessero sapere di più della sua professione?

È obbligatoria? Non ho consigli… io non ho avuto nessuna formazione ufficiale!

 

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