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La trasparenza non è per te ma serve a Facebook, nasconditi

La trasparenza non è per te ma serve a Facebook, nasconditi

30 Gennaio 2019 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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La sede centrale di Facebook è un campus di 40.000 metri quadrati completamente aperto e trasparente, metafora perfetta di una piattafoma di social network che predica la trasparenza come valore per la socialità e la relazione. Tutti devono potere essere visti da tutti, in ogni loro azione quotidiana online e comportamento.

 La trasparenza promossa da Facebook è costruita sulla condivisione, sulla collaborazione e sulla socializzazione, implica la rinuncia alla privacy, l’impossibilità di stare da soli e di potersi nascondere (I pesci siamo noi: pesci, pescatori e predatori nell'acquario digitale della tecnologia). Offre una libertà percepita come illimitata ma in realtà delimitata da algoritmi, da logiche applicative scelte da Facebook che ha definito le regole per la costruzione delle identità online, così come ha dettato le linee guida per la costruzione del suo centro direzionale. 

La libertà di scelta suggerita dall'approccio applicativo del social network di Facebook nasce dalla possibilità di realizzare atti capaci di produrre gratificazioni immediate, di portare a termine progetti senza intralciare o interferire con quelli degli altri. Lo spazio, nel quale questi atti si esercitano è però completamente pre-determinato, anche se trasparente ed elastico, composto da territori digitali disegnati su mappe virtuali capaci di attrarre o respingere gli utenti della rete e di creare l'illusione di un mondo aperto. Un mondo capace di far comunicare ogni entità e spazi tra di loro e sulla percezione diffusa di essere assolutamente reale. 

Quello di Facebook è in realtà un mondo capovolto che va letto al contrario, come il mondo di Alice nel paese delle meraviglie, nel quale la protagonista poggia i suoi piedi sul soffitto perché è il solo modo di vedere la sua realtà. Si presenta come mondo reale ma è un'immagine riflessa che accoglie e rappresenta i mondi interiori di chi lo frequenta. Un mondo incapace di evitare incubi e paure future, spesso scatenati dall'eccessiva trasparenza che vi viene praticata. Contenti di poter usare una piattaforma tecnologica che sembra soddisfare bisogni reali, come quelli del fare rete con amici e parenti, coltivare relazioni e interagire conversando e condividendo. 

L’utente che abita Facebook sa di essere in un altro mondo ma non lo percepisce come alieno, bensì come una continuazione dei mondi reali da cui viene e dei quali è percpeito come un'evoluzione naturale. Proprio per questo non ha alcuna remora a raccontare tutto di sé, a lasciarsi trasportare dalle emozioni e dagli impulsi del momento dimenticandosi di essere entrato in un immenso e globalizzato Truman Show (nel mio e-book I pesci siamo noi - Pesci, pescatori e predatori nell'acquario digitale della tecnologia si trasforma in acquario globale). La dimenticanza complice e colpevole mette a rischio la privacy e le informazioni sensibili di chi lo abita, fa gli interessi di Facebook che, attraverso la trasparenza degli utenti, ha costruito i Big Data che alimentano il suo modello di business. 

La trasparenza non è solo a vantaggio di Facebook ma all'origine di vulnerabilità facilmente sfruttabili da malintenzionati, finti guru, grandi finanziaeri, coach, psicoterapeuti e cyber-criminali (2019: il miraggio dell’anonimato). Chi frequenta il social network deve essere consapevole dell'utilizzo di algoritmi opachi che si fanno carico di trattare tutti i membri del social network come semplici produttori di dati, generatori di tracce e segnali da seguire, registrare, interpretare e sfruttare. L’analisi dei dati e l’interpretazione dei segnali servono a costruire categorie statistiche o profili sociali di potenziali audience di mercato a cui rivolgersi con campagne marketing e promozionali. Sono usate per determinare in modo predittivo i nuovi comportamenti, definire nuovi percorsi e tracciare nuovi sentieri sui quali incanalare gli utenti e i membri del social network come. Nel fare questo l’algoritmo non è solo ma sempre accompagnato dall’utente stesso, ben contento e gratificato dall’uso ripetuto dei meccanismi di Like e dei principi organizzativi e funzionali su cui sono state implementate le applicazioni di social networking. 

Analizzando i comportamenti passati degli utenti, l’algoritmo è capace di prevedere quelli futuri grazie a dati e informazioni marketing più efficaci per le attività commerciali future (Siti porno e riservatezza dei dati). L'utente può rimanere passivo e complice della trasparenza voluta da Facebook o prendere l'iniziativa e agire. La passività suggerisce una predisposizione alla resa, l'indifferenza al fatto che le sue informazioni e relativi metadati siano venduti da Facebook ai migliori offerenti. 

Se si è incapaci di scegliere l'abbandono della piattaforma di social networking non rimane che il nascondimento. Ad esempio quello mutuato dalle tecniche dell’Arte della guerra di Sun Tzu e che prevede il ricorso a semplici trucchi che portano a riempire un profilo o una pagina con tante piccole bugie sufficienti a distruggere il valore e la qualità delle informazioni raccolte e vendute, e a mettere in difficoltà la loro vendita da parte di Facebook. Un modo di nascondersi che ha la sua validità, e può servire prima di cancellare eventualmente il proprio account e di sparire (Resistere alla profilazione con la disinformazione). 

 

 

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