C'era una volta
Narra la favola che la lepre, sentendosi più veloce, chiese a una lumaca di gareggiare con lei in velocità. La lumaca (nella favola di Esopo la tartaruga) accettò la sfida, contando sulla sua conoscenza della natura profonda della lepre e puntando sulla propria astuzia, determinazione e forza resiliente. A far perdere la gara alla lepre fu lei stessa. Certa di vincere in ogni caso, durante la gara si fermò, la sosta le suggerì un sonnellino che le impedì di notare il sorpasso lento ma inesorabile della lumaca vittoriosa verso il traguardo.
La morale della favola è semplice, chi si crede forte, più forte degli altri, rischia di sottovalutarne la forza e le capacità, finendo inesorabilmente battuto. Una metafora che molti si augurano possa valere anche per questa Italia dominata dalla velocità con cui la volgarità si diffonde, dalla viralità inarrestabile della violenza verbale, e dalla continua diffusione di false notizie che stanno facendo crescere odio, aggressività, razzismo, misoginia, omofobia e molto altro.
Lumaca come metafora della gentilezza
La lumaca è la metafora perfetta per la gentilezza (La gentilezza vera), così come la lepre (quella della favola, perché anche la lepre è un animale gentile) lo è per la volgarità. La gentilezza ha un andamento lento ma inesorabile, sa di poter contare sui risultati che produce ed è fiduciosa che chi le ha prestato attenzione saprà valutarne vantaggi e benefici. La volgarità è come il pettegolezzo (Cattiveria, brutalità linguistica e voglia di gentilezza). Si diffonde rapidamente, spesso attraverso il turpiloquio e la brutalità del linguaggio, sollecita l’adesione immediata e superficiale, la complicità e punta alle emozioni. E’ sintomatica di una incapacità o difficoltà a pensare, riflettere e comprendere, genera altra volgarità oltre che comportamenti violenti, prevaricatori e puerili.
La gentilezza è una lumaca che vuole raccontare una storia (il riferimento è al libro di Sepulveda Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza) e per farlo si muove lentamente ma inesorabilmente per trovare sempre nuovi interlocutori, potenzialmente interessati e disponibili a sentirla raccontare. Nel suo girovagare sa di essere vulnerabile e fragile, minacciata dalla volgarità dilagante ma non per questo meno determinata (oggi si potrebbe dire seppur rassegnata) a proseguire (Gentili sempre, gentili anche online). La gentilezza è la lumaca Ribelle di Sepulveda che osa sfidare consuetudini, abitudini consolidate ma anche conformismi, paure e timori reverenziali verso i potenti di turno. La gentilezza sa di dover superare ostacoli infiniti ma è dotata di tenacia (non basta volere), vera forza motrice della volontà, capace di canalizzare e mettere in movimento l’energia vitale che serve per fare (essere gentili) e per perseverare nella sua durata (La gentilezza del pensare).
Gregge e pecora nera
Gli ostacoli che, nella sua lentezza, la lumaca gentile deve superare sono numerosi. Si frappongono fra lei e i suoi desideri, che poi sono quelli di tanti. Il suo esempio non trova emulazioni numerose ma continua a turbare il sonno di quanti a sognare hanno rinunciato, per non rovinare il legame che li lega al gregge di cui hanno deciso di continuare a fare parte. Se tutti sembrano amare la volgarità, essere gentili è come essere la pecora nera all’interno di un gregge di pecore tutte bianche. Ma la pecora nera è come Calimero, il pulcino nero che, nonostante lo choc di essere stato rifiutato dalla propria mamma (“Io la tua mamma? Mi dispiace, ma io pulcini neri non ne ho mai avuti”), ha il coraggio di farsi mettere in lavatrice per eliminare lo sporco che lo rende nero, pur sapendo che la centrifuga lo renderà più bianco senza cambiarlo dentro (“E’ un’ingiustizia però!”).
La forza dei tanti Calimero
Il calimero sbiancato è l’obiettivo che oggi persegue la volgarità. Come se un risciacquo extra potesse rendere inoffensive le tante parole cinguettanti che anticipano atti concreti. Raccontati nello loro cattiveria, volgarità e disumanità da persone e media resistenti. Non ancora omologati perché resi forti dal vaccino della gentilezza, della generosità e dell’accoglienza. La lumaca Ribelle, racchiusa nella sua conchiglia protettiva, spiraliforme (rende bene il senso di avvolgimento) e accogliente, affronta con coraggio i suoi viaggi in solitaria sapendo che al loro termine sarà accolta da un calore capace di sciogliere qualsiasi tipo di solitudine.
La lumaca gentile è curiosa, non riesce a trattenere ritratti più di tanto i suoi quattro tentacoli, è catturata da ogni tipo di sorgente luminosa e sempre pronta a usare i suoi due tentacoli più corti e tattili per avventurarsi ovunque. La curiosità la porta lontano, la fa sentire libera e la predispone a incontri e scoperte territoriali e sociali. Sempre guidata dalla coerenza incosciente di poter essere accolta ovunque in pace, e di poter contribuire così all’evoluzione di nuovi ecosistemi umani (animali) più vivibili e felici.
Chi non si rassegna alla volgarità dilagante, chi è tenace oltre che resistente sa che, in questi tempi caratterizzati dalla fretta e dalla superficialità, uno degli strumenti da utilizzare è l’arma della gentilezza. Un’arma pacifica, denuclearizzata ma dai poteri assimilabili alla bomba al neutrone, utile per prestare attenzione ai dettagli e cogliere negli sguardi e negli occhi delle persone l’insondabile e l’indicibile, la sofferenza così come la serenità del vivere scivoloso quotidiano (Gentilezza digitale vado cercando).
La gentilezza emergente come forza resiliente
Non sembrano essere rassegnati gli abitanti di Luzzara, una piccola cittadina dell’Emilia Romagna che ha deciso di bandire la violenza verbale. Il sindaco Andrea Costa ha emesso una delibera che la vieta così come mette al bando l’aggressività gratuita. Il gesto gentile è stato raccontato anche da Dacia Maraini sulle pagine del Corriere della Sera. Un articolo che richiama l’attenzione al decadimento italiano in fatto di diritti umani, tolleranza e solidarietà identificando nel linguaggio il segnale emergente di quanto sta accadendo. Un linguaggio “fatto di disprezzo, denigrazione, insulti, fanatismo, odio, prevaricazione, rifiuto della razionalità” che trova nei media digitali un veicolo potente e preoccupante di condivisione e diffusione.
Anche se i sondaggi della politica e del sentiment degli italiani sembrano indicare altrimenti, la volgarità dilagante sta producendo anticorpi e reazioni. Molti non ci stanno e si autonominano Ribelli con l’obiettivo di contrastare quelle che sembrano essere diventate pratiche diffuse di volgarità fatte di insulti, false notizie, odio verso il diverso, l’intellettuale e ogni persona che insiste (persiste) nel non lasciarsi guidare solo dai sentimenti e dalla pancia. Non avendo altri strumenti a disposizione, perché i partiti si sono sciolti, i media preferiscono il turpiloquio al dialogo pacato e i social network sono diventati mastini di guerra lanciati all’inseguimento di chiunque non è allineato, non rimane che adottare l’arma della gentilezza. Una gentilezza da non confondersi con la cortesia (oggi bisogna essere duri anche nell’essere gentili), il galateo o la forma, ma da praticarsi come strumento relazionale, dialogico, di ascolto e di rispetto (Sulla metropolitana...di Milano).
I Ribelli gentili
I ribelli gentili non sono solo studiosi, opinionisti, intellettuali, filosofi o persone che dispongono di canali di comunicazione propri. Sono gentili ribelli anche i cittadini di Luzzara che hanno apprezzato il gesto del loro sindaco che, con l’obiettivo di arginare la cattiveria, ha chiesto loro di bandire rancore e rabbia sia dalle strade sia dal web. Anche le eventuali trasgressioni saranno punite con gentilezza, ad esempio con l’obbligo di leggere un libro o di azioni di volontariato.
Ribelle gentile è sicuramente anche Dacia Maraini che conclude il suo articolo con un elenco di libri usciti in libreria sul tema della gentilezza e qui sotto elencati. Un segnale che la gentilezza è diventata una necessità ma anche che coloro che hanno deciso di dare un contributo di approfondimento contro la volgarità dilagante non sono più semplici pecore nere o Calimeri del terzo millannio ma stanno cominciando a fare massa, nei termini descritti da Elias Canetti in Massa e Potere.
- Il libro della gentilezza di Bernadette Russell edito dal Corbaccio,
- Una gentilezza infinita, storie di amore, cura e generosità, di Christine Watson ed. Mondadori ;
- Ci sono luoghi al mondo dove più che le regole è importante la gentilezza di Carlo Rovelli, Solferino Editore
- La forza nascosta della gentilezza di Cristina Milani, ed. Sperling e Kupfer.
- La gentilezza che cambia le relazioni, di Lorenzo Canuti e Annamaria Palma, Ed.Franco Angeli;
- La gentilezza che cambia le relazioni digitali di Anna Maria Palma e Carlo Mazzucchelli, collana Tecnovisions, Delos Digital
- Il metodo della gentilezza di Shajroo Izadi, ed. Rizzoli
- Elogio della gentilezza di Adam Philips e Barbara Taylor., ed. Ponte delle grazie.
PS:
Della favola sopra citata ne esiste un'altra versione che alla lumaca o alla tartaruga sostituisce il riccio. E' una versione che permette di evidenziare la stupidità della volgarità. La volgarità condivide la stupidità con altri sentimenti o comportamenti come l'arroganza, la prepotenza, la prevaricazione e la violenza che spesso sono accomunati anche dalla voglia di nascondere l'insicurezza e la falsa convinzione di sè stessi.
UNA GARA DI VELOCITÀ Una lepre prendeva in giro un riccio per i suoi piedi storti e poco veloci. Il riccio, offeso, sfidò la lepre in una gara di corsa. Per vincere, il riccio, ricorse all’astuzia: mandò la moglie in fondo al campo e lui si mise dalla parte opposta con la lepre. Al via, la lepre scattò come una freccia, ma quando arrivò in fondo al campo vide il riccio che l’aspettava. « Sei già arrivato? » domandò incredula la lepre. «Certo » rispose la moglie del riccio. «Ah! » disse la lepre che non si era accorta dell’inganno; « Ricominciamo la gara? ». «Come vuoi tu » rispose la moglie del riccio. La lepre ripartì a razzo, ma quando arrivò dall’altra parte del campo, trovò di nuovo il riccio che, in realtà, non si era mai mosso. Immaginatevi la lepre: per la rabbia le tremavano persino il naso, le orecchie e la coda. Il gioco continuò fino a quando la lepre non ne poté più di correre e si diede per vinta. Allora promise solennemente che non avrebbe mai più fatto scommesse.