Secondo alcuni scienziati siamo entrati in un’epoca definibile come antropocene (citazione dal libro Il cervello aumentato e l’uomo diminuito dello psicanalista e filosofo Miguel Benasayag), una nuova era geologica caratterizzata dal potere che l’uomo ha nel trasformare come specie il pianeta. La specificità dell’antropocene, rispetto alle ere geologiche passate è la velocità con cui avvengono le trasformazioni e si succedono i cambiamenti. E’ una velocità determinata dalla tecnologia e dalla continua ibridazione essere umano-prodotti tecnologici che sta producendo alcuni effetti collaterali. Uno di questi è la difficoltà che l’uomo stesso riscontra nel mantenere il passo con le rivoluzioni tecnologiche continue e le mutazioni che ne derivano.
In questo contesto di cambiamento accelerato tutto avviene molto in fretta (Che bello perdersi nei labirinti della tecnologia...con te!) ma la velocità non è uguale per tutti gli elementi che vi contribuiscono. Negi ultimi anni abbiamo visto emergere e poi affermarsi prodotti tecnologici diversi ma non tutti lo hanno fatto in tempi brevi. Molti hanno convissuto con quelli precedenti e hanno impiegato anni per sostituirli. L’esempio classico è quello del fax che ha resistito a lungo, e ancora resiste, all’uso della posta elettronica. L’email si è diffusa alla velocità dei virus, il fax si è avviato all’estinzione alla velocità del matusalemme più vecchio.
La stessa cosa interessa o interesserà molte delle novità tecnologiche emergenti come il commercio elettronico, il motore di ricerca, il social network (La socialità nel tempo presente del Web), il cloud computing (Mobilità e cloud, due acceleratori per un'unica velocità di fuga), la connettività wireless, i droni, gli smartphone, gli smartwatch e i prodotti tecnologici indossabili, le appalicazioni come Uber e la Realtà Virtuale.
Nessuno può obiettare sulla forza e sulla velocità di fuga di tecnologie come quelle di Amazon o Google ma la loro piena affermazione ha comunque richiesto numerosi anni e sono convissute con le realtà che sono poi andate nei fatti a sostituire, ad esempio le librerie.
La radicalità dei cambiamenti imposti dalle novità tecnologiche deve fare i conti con la lentezza del genere umano e con il tempo necessario a nuovi adattamenti. E’ una lentezza determinata dal fatto che il cervello, pur essendo l’artefice di ogni cambiamento e l’architetto di ogni forma di realtà, è una macchina lenta, che ha bisogno di tempo e non reagisce quasi mai in tempo reale. Scrive Miguel Benasayag che “il tempo lineare fisico non è quello del cervello […] i cervelli funzionano in una temporalità biologica [determinata] dalla storia personale e dalla tendenza a prevedere il futuro […] quello che viene chiamato tempo reale è quello della comunicazione, non quello del cervello.”
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
Alla lentezza di adattamento si affiancano altri ritardi legati ai processi che caratterizzano la vita produttiva, alle disponibilità economiche. La sostituzione di prodotti posseduti richiede sempre del tempo e passa attraverso cicli che possono essere anche molto lunghi. Il fatto che un nuovo modello di smartphone sia superiore nettamente al precedente non significa che tutti siano disposti a nuovi esborsi onerosi di denari (forse con l’eccezione dei fan di Apple disposti a qualsiasi sacrificio per amore della Marca). I costi da affrontare finiscono per rallentare il passo verso l’adozione di nuovi prodotti e gli investimenti delle aziende produttrici.
A frenare la diffusione rapida di molte tecnologie c’è la lentezza con cui si affermano alcuni standard di mercato e la cultura delle persone o delle organizzazioni che le dovrebbero adottare. Gli standard si bloccano spesso nelle burocratiche pastoie di organizzazioni e comitati preposti alla loro definizione e certificazione. La cultura che non sta al passo con la velocità della tecnologia nasce spesso da scarsa conoscenza e apatia dei soggetti coinvolti, scarsa voglia di apprendere cose nuove ma anche da paure e timore su potenziali effetti collaterali o semplice conservatorismo e resistenza al cambiamento. Unico problema reale che giustifica, in ambito tecnologico un approccio rallentato, è il problema della sicurezza. Spesso il ritardo nell’adozione di nuove tecnologie nasce dall’assenza di motivazioni forti o di occasioni pragmatiche per farlo.
Ciò che la realtà di questi ultimi anni ha dimostrato è la capacità di accelerazione della tecnologia, soprattutto di alcuni suoi prodotti che, a dispetto di una lentezza inziale o di ritardi nella comprensione della loro potenzialità e radicalità della loro forza, si sono affermati rapidamente, sorprendendo tutti, mercati, analisti e studiosi e consumatori. A volte il ritardo accumulato è servito da volano o ulteriore spinta per nuove accelerazioni.
L’inizio del nuovo anno è servito a molti per condividere le loro previsioni sulle tecnologie che caratterizzeranno il 2016. Tra di esse molti, se non quasi tutti, hanno inserito la Pay TV, la Realtà Virtuale, i sensori (Un 2016 all’insegna dei sensori ambientali), macchine intelligenti, la Internet degli Oggetti e le tecnologie indossabili (Wearable). L’attenzione è principalmente focalizzata sui prodotti nuovi in arrivo. Forse però si dovrebbe porre maggiore focus sulla loro effettiva capacità di cambiamento e velocità di accelerazione. Una capacità che potrebbe essere ancora una volta rallentata o depotenziata dalla lentezza umana, biologica, culturale e comportamentale.
L’unica cosa di cui possiamo essere certi è che la tecnologia ha acquisito così tanto potere dall’essere capace, oggi più di ieri, di sorprenderci. Una grande sorpresa potrebbe derivare dalla ibridazione continua uomo-tecnologia che potrebbe portare ad un viaggio nel quale entrambi viaggiano alla stessa velocità.
Il problema è che ad essere alla guida ci potrebbe essere un automa tecnologico (Alcune riflessioni anarchiche sulla tecnologia)!
* Gli spunti per questo articolo sono venuti da un testo di Jan Dawson su Techpinions e dal libro di Miguel Benasayag Il cervello aumentato e l’uomo diminuito, che consiglio a tutti per la sua lettura.