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La democrazia dei dati

La democrazia dei dati

05 Settembre 2018 Redazione SoloTablet
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C’è che pensa che il mondo vada meglio di quanto pensiamo e chi si sta già preparando al peggio. Entrambe le opinioni non poggiano più solo su credenze, percezioni e ideologie ma soprattutto su dati. I dati sono quelli prodotti tecnologicamente e diventati in poco tempo merce abbondante, diffusa e sempre disponibile. L’abbondanza sembra essere per tutti ma lo è in modo diseguale e con effetti che meritano un’attenzione e una sensibilità particolari.

Secondo Hans Rosling, autore di un libro di successo come Factfulness, lo studio attento dei dati disponibili dimostra che le cose non stanno poi andando così male e che anzi siamo davanti a un radicale miglioramento. Per altri al contrario, l’uso che dei dati viene fatto, ad esempio da governi e istituzioni, grandi Marche, proprietari di piattaforme tecnologiche e grande distribuzione, sta mettendo a rischio la libertà delle persone e la democrazia.

Immersi come siamo in un flusso continuo di notizie (vere o false poco importa) non ci rendiamo conto di quanto stia proliferando il sistema di sorveglianza e di raccolta dati su ogni aspetto della vita quotidiana, personale, familiare, sociale, relazionale e anche lavorativa. Il sistema è attivo 24 ore al giorno e per tutti i giorni dell’anno. Si avvale di una miriade di tecnologie, tra loro sempre più integrate, comunicanti e bulimiche di dati e informazioni,  fatte di Intelligenze Artificiali, video-camere, sensori, dispositivi mobili, piattaforme social e loro algoritmi, Big Data, soluzioni di analisi dati e molto altro.

Il fenomeno della sorveglianza è diffuso in tutto il mondo ma per cercare di comprendere il futuro prossimo che sta arrivando bisognerebbe analizzarlo nella realtà cinese. Una realtà, la Cina, che sta trasformando l’occhio di Sauron del grande Mao in una lente avvolgente e capace di rendere trasparenti le vite di ogni cittadino cinese. Una lente composta da una miriade di video-camere, sempre in azione e pensate per tenere costantemente sotto controllo ciò che succede nella società, a ogni livello e in ogni sua fase o espressione.

Un’occhio/lente di queste dimensioni è giustificato/a da chi la sta costruendo con la necessità di governare un paese nel quale vive un terzo della popolazione mondiale e dalla sua elevata complessità. Ma forse il motivo vero è che, in assenza di un vero dibattito pubblico, di una reale democrazia e di partecipazione politica, sia necessario disporre di informazioni utili a generare fiducia e costruire consenso. Oggi tutto ciò è reso possibile dalla facilità con la quale, grazie alle nuove tecnologie, è possibile raccogliere dati al dettaglio sui cittadini grazie alle nuove tecnologie.

I dati sono serviti anche per determinare la vittoria della Brexit, l’affermarsi di Trump, di altre forse populiste e sovraniste e per consolidare o portare al potere nuove leadership. La Cina, paese nel quale è impensabile e impossibile al momento che possano nascere movimenti come Podemos o i Cinque Stelle, ha deciso di usare i dati come risorsa strategica per consolidare la sua specificità, comunista e capitalista, e per realizzare una società socialista e moderna. Una strategia mirata sicuramente anche a impedire ogni forma di Podemos o Cinquelle Stelle con gli occhi a mandorla.

In realtà i dati servono a silenziare ogni forma di dissenso e pensiero critico, blog e iniziative giornalistiche non allineate ma anche a prevenire proteste, manifestazioni e raduni politici o di protesta. Il sistema di sorveglianza implementato è pervasivo, può mettere a tacere un blog per averne raccolto e analizzato i testi, ma anche impedire a un cittadino di partecipare a una manifestazione a Pechino semplicemente per averlo profilato attraverso il suo codice identificativo mentre prende un treno o un metro. La sorveglianza è estesa anche alla vita sociale e pubblica, attraverso sistemi avanzati di riconoscimento facciale, algoritmi avanzati e soluzioni di intelligenza artificiale.

I dati raccolti servono a velocizzare processi decisionali e a favorire le decisioni ma anche per azioni mirate a premiare cittadini e loro comportamenti virtuosi punendo quelli che virtuosi non lo sono, soltanto perché non completamente piegati e obbedienti alle regole in vigore o ai divieti imposti.

Grazie alla miriade di dati raccolti e all’efficienza dei sistemi informatici implementati, in Cina sembra essere diventato facile individuare cittadini che non hanno pagato una multa o trovare un evasore attraverso il semplice incrocio di dati tra entità governative diverse, ma anche creare delle liste di proscrizione comprendenti dissidenti, persone non allineate o semplicemente impegnate per realizzare la democrazia nel suo paese. Il problema è che non è chiaro quanto i dati raccolti siano veritieri e validi e quanto siano accurati e precisi gli algoritmi usati per monitorarli e analizzarli.  Per non parlare poi dell’uso che di essi può essere fatto per decidere condanne o gratificazioni o per decidere le azioni da intraprendere per condizionare e/o prevenire i comportamenti futuri.

Lo stato cinese, grazie all’uso dei dati e dei Big data tecnologici con i loro algoritmi si avvia a diventare uno stato digitale autoritario. Altri stati in futuro potrebbero seguirne le orme, anche stati che oggi sono considerati democratici, nel senso classico del termine.

Se questa è la realtà emergente non c’è che da esserne preoccupati. Una emozione che mal si sposa con quanto ha scritto Rosling nel suo libro citato all’inizio di questo articolo. La lettura di Factfulness però potrebbe aiutare sia l’uso che viene fatto dei dati a scopi di sorveglianza e controllo dell’opinione pubblica, sia per capire quanto siamo stupidi nella valutazione dei dati a nostra disposizione e dei fatti. Ad esempio potrebbe aiutare molti cittadini italiani a decostruire la propaganda giallo-verde (blu) del governo in carica e a porsi alcune semplici domande come: “Come possono così tante persone sbagliare così tanto ed essere così abissalmente ignoranti?”.

I dati disponibili sono ormai miriade, i governi e le grandi Marche sanno come usarli, forse è tempo che si cominci tutti a farlo. Un modo per opporsi anche a coloro che usano il dato in modo strategico per le proprie strategie di potere, di sorveglianza  e di controllo.

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