L’espansione degli imperi digitali non ha avuto bisogno di grandi navi o di solcare grandi oceani. E’ avvenuta in modo silenzioso e pervasivo sfruttando la cooptazione, il coinvolgimento e la voglia di farne parte più che i cannoni e le truppe marinare. L’impero di Facebook ad esempio è tale per la sua espansione globale che ha definito confini allargati intorno a un outlet digitale animato da un traffico crescente e continuo di conversazioni e mille altre forme di attività e interazioni. La sua forza e predominio sono tali da permettere a Facebook di modificare senza preavviso e a piacere le regole che lo fanno funzionare e le strategie che lo caratterizzano.
Questi cambiamenti continui (l’ultimo è recente e riguarda il modo con cui vengono alimentate i feed delle notizie sulle pagine business determinando cosa gli utenti vedranno e in quale priorità), spesso introdotti senza avvisare i ‘sudditi’ dell’impero, sono alla base della riflessione di un numero crescente di persone e di aziende che hanno fatto di Facebook uno strumento importante di rappresentazione, di comunicazione, di collaborazione e di marketing. Cosa succederebbe se all’improvviso un numero crescente della popolazione imperiale decidesse di limitare l’uso del social network e un numero crescente di aziende decidesse di dargli minore importanza come strumento di marketing?
La possibilità non è più così remota. I cambiamenti degli algoritmi che sottendono al funzionamento e alle logiche di profitto di Facebook stanno producendo irritazione perché riducono la qualità di alcuni servizi con l’improvvisa sovrapposizione di messaggi, notifiche o altre forme di avvisi sulle videate che l’utente sta leggendo o navigando. Ad esempio può capitare di leggere le notizie attraverso servizi appositi di feed e trovarsi interrotti da notifiche di familiari e amici perché ciò che conta di più, anche per la filosofia di Facebook, sono le relazioni. Tutto il resto può anche aspettare.
Facebook non smette di ricordare a tutti di avere creato l’applicazione di social network per connettere e far comunicare familiari e amici e aiutarli a costruire, alimentare e tenere attive i loro contatti e le loro conversazioni. Una filosofia che non si può non condividere e che spiega il successo del social network. Ma cosa significa ciò per gli utenti che fanno uso di Facebook nelle loro vesti di ufficio marketing o di azienda? E come si combina con altre decisioni estemporanee e forzature sul tipo di contenuti da preferire, privilegiare, ad esempio i video?
I robot si danno all'arte
Tutte le scelte sembrano suggerire che Facebook sia sempre meno importanza alle realtà che hanno deciso di definire iniziative e investimenti misurabili in termini di ROI (Return on Investment) su Facebook. L’interesse al contrario sembra sempre più focalizzato su servizi a pagamento legati ai canali di comunicazione, testuale, audio e video di cui è dotato il social network. Se un’azienda produce un Video, Facebook lo può veicolare su canali diversi ma il servizio ha un costo. Un approccio non dissimila da quello dei canali televisivi che mettono a disposizione le loro risorse e i loro spazi ma bisogna pagare per utilizzarli.
La nuova filosofia e strategia Facebook è naturalmente guardata con grande interesse dalle agenzie pubblicitarie e marketing dedite alla produzione di contenuti marketing e promozionali. I nuovi algoritmi di Facebook suggeriscono e favoriscono lo sviluppo di iniziative marketing a pagamento con vantaggi potenziali crescenti per Facebook e le agenzie pubblicitarie.
L’algoritmo introdotto recentemente da Facebook non sembra avere sollevato grandi reazioni, almeno non quelle che si erano manifestate con aggiornamenti precedenti. L’aggiornamento introduce però alcune novità che potrebbero far riflettere. Ad esempio sembra uscire ridotta la ricerca cosiddetta organica, ossia il numero di utenti a cui vengono distribuite gratuitamente informazioni e contenuti. La filosofia è di produrre e distribuire solo contenuti di qualità e convincere anche le aziende a sposare lo stesso approccio e a pagare per ottenerlo. O in alternativa valutare l’opportunità di abbandonare il social network per andare verso altri lidi online o sperimentare altre pratiche e altri ambienti applicativi, ritornando a strumenti meno centralizzati e più adeguati a parlare e condividere contenuti con target audience selezionate.
L’abbandono di Facebook e altre piattaforme digitali simili potrebbe far gridare alla blasfemia coloro che si sono assuefatti alla narrazione imperiale ma potrebbe far scoprire che i vecchi media non sono poi coì obsoleti come si pensa. Al termine di ogni iniziativa o campagna marketing e promozionale a contare e a fare la differenza sono i risultati concreti. Non in termini di semplici visualizzazioni sul display di un dispositivo ma in numero di vendite effettuate o livelli incrementali di fidelizzazione raggiunta. La visualizzazione può servire ad arricchire Facebook e le agenzie pubblicitarie, non necessariamente i produttori e le aziende.
Usciti dall’impero si potrebbero riscoprire le ‘vecchie’ pratiche dell’email marketing, si potrebbe riaggiornare e utilizzare le banche dati contatti per normai campagne di marketing diretto o sperimentare semplicemente altre applicazioni di social networking e sociali che, per non essere ancora diventate impero, di esso non hanno ancora la forza e la volontà del controllo centralizzato finalizzato all’arricchimento e all’accentramento del potere.
Chi non è ancora convinto di prvare a sperimentare nuove strade o ritornare su quelle vecchie da tempo abbandonate dovrebbe riflettere sul potere crescnte, dipo monopolistico, assunto da numerose realtà Internet come Facebook. Un potere così ampio e crescnte da spingere l’inventore del WWW a cercare nuovi modelli e modalità per una maggiore distribuzione, in termini democratici, del potere accumulabile in Rete. La Rete è per definizione distribuita ma dominata da UN motore di ricerca, UN social network, UNO store, UNO strumento di microblogger, ecc.
Molti esperti di marketing sanno da sempre che la soluzione non è mai legata a una scelta binaria ma alla ricerca della massima integrazione. Abbandonare con una scelta binaria il territorio virtuale dell’impero di Facebook potrebbe però aiutare a una riflessione meno superficiale sui reali vantaggi e benefici da essa offerti ai cittadini che popolano il suo impero. Questa riflessione dovrebbe portare a una semplice conclusione: meglio non fare affidamento solo su una piattaforma, per di più centralizzata, meglio distribuire, usare approcci multicanale e integrare strumenti, approcci e iniziative utilizzando sia media tecnologici di tipo tradizionale sia i media più recenti.
Nel frattempo tutti possono prendere nota che Facebok è sempre più un mezzo di trasporto a pagamento.
Se non si paga non aumentano più nemmeno i Like. Almeno non nella maniera in cui aumentavano precedentemente. Colpa dell’algoritmo?