Se miliardi di persone sono incollate al display di uno dei molti dispositivi che posseggono la colpa non è né di Apple né di Samsung. Così come non lo è di Facebook l’abuso, sempre possibile, delle sue piattaforme social, in primis il suo social network. L’ultimo caso che ha suscitato indignazione è stata la diffusione del video girato in tempo reale dal killer primatista che in Nuova Zelanda ha ucciso 50 persone. Una piattaforma che viene raccontata come dotata di algoritmi in grado di escludere la distribuzione di scene di violenza è stata sconfitta dal genio malefico di un assassino che non solo ha portato online il massacro ma lo ha reso anche virale, grazie al supporto immediatamente ricevuto da migliaia di persone che lo hanno fatto circolare in Rete. Fortunatamente per un tempo limitato.
La filosofia è ricerca della verità.
Effetti e conseguenze all’apparenza non volute sono anche quelle su cui si comincia a riflettere. Ad esempio quelle sul traffico, congestionato per l’invasione di taxi certificati UBER o TNC, o dell’aumento dei canoni di affitto in molte città turistiche determinato dall’uso della piattaforma Airbnb. Uber sembra avere determinato un calo degli investimenti nel trasporto pubblico, AirBnb ha scatenato le proteste di molti cittadini e allarmato molti governi delle città, che oggi sembrano avere deciso di correre ai ripari. Ad esempio, a Berlino e Amsterdam.
Dopo l’enfasi posta dai media sul tema della privacy si sta forse cominciando a comprendere meglio che l’attenzione dovrebbe essere posta sugli effetti e sulle conseguenze di modelli di business che hanno reso Internet una specie di mostro, per di più incontrollabile. Neppure Facebook è riuscito a bloccare la pubblicazione del video del killer neozelandese e neppure a impedirne la circolazione, se non dopo numerose ore.
Nessuno vuole negare il diritto a grandi aziende di perseguire i loro obiettivi di fatturato e profitto ma molti cominciano a interrogarsi su quanto sta succedendo e su come farlo per orientarlo in modo da evitare abusi e conseguenze incontrollabili e deleterie. A interrogarsi per primo dovrebbero essere i media che hanno contribuito negli anni a creare la mitologia tecnologica attraverso narrazioni spesso volte a incensare e glorificare i prodigi della innovazione e della tecnologia così come dei loro evangelisti ed alfieri. Lo hanno fatto con Apple, Facebook, Uber, AirBnb e tutti gli altri.
Oggi che aumentano il disincanto e la disillusione del pubblico, anche i media hanno intrapreso una riflessione critica che invita a guardare alle piattaforme digitali anche nelle loro conseguenze, non solo in termini di dipendenze e cybercriminalità. Una riflessione critica su Uber/TNC ad esempio può servire ad abbandonare per un attimo la celebrazione della libertà di mercato per valutare gli effetti che l’aumento esponenziale di mezzi Uber ha avuto sull’aumento della congestione di traffico in tanti centri cittadini. Una riflessione ancora più seria andrebbe fatta sulla proliferazione di mezzi impegnati con Uber Eats (stesso discorso vale per le molteplici altre piattaforme esistenti) a consegnare un caffè, un panino McDonald o una pizza a domicilio. Una riflessione simile andrebbe fatta anche sugli effetti che AiBnb sta avendo sul mercato dell’ospitalità. L’idea di poter offrire un appartamento di proprietà a persone in viaggio è stata geniale ma ora che le grandi società immobiliari hanno colonizzato la piattaforma e investito milioni di euro nell’acquisto di immobili nei centri cittadini, le conseguenze cominciano a essere evidenti a un numero crescente di persone, siano essi piccoli proprietari, turisti in cerca di un alloggio o abitanti di una città in cerca di una casa da affittare. Da riflettere ci sarebbe anche sulla pretesa di Amazon di diventare la piattaforma per ogni tipo di vendita su tutto il pianeta, una strategia che sta mettendo fuori mercato una infinità di piccoli distributori, negozianti e punti vendita ma anche alimentando pratiche di manipolazione e disinformazione come quelle che si manifestano online con recensioni fasulle, narrazioni promozionali e false notizie.
Se si ha il coraggio di fare questo tipo di riflessione ci si può rendere conto che la retorica di Internet come spazio di libertà e quella sulla felicità come raggiungibile grazie alle meraviglie della tecnologia siano giunte a un punto critico. Aumentano dipendenze, ansie, depressioni ma anche effetti non previsti che contribuiscono anch’essi a creare maggiore apprensione e preoccupazione. I primi a dover agire dovrebbero essere i produttori delle piattaforme tecnologiche ma tutti devono poter guardare alla loro esperienza con la tecnologia con mente liberata e occhio vigile. In particolare perché l’evoluzione dell’intelligenza artificiale potrebbe determinare altri effetti, dalle conseguenze potenzialmente irreversibili, oltre che difficilmente controllabili.