Testo tratto dall'e-book Il diavolo veste tecno pubblicato da Dels Digital
In assenza di una definizione condivisa di cosa si intende per tecnologie indossabili, la storia può andare indietro nel tempo e trovare le radici delle moderne tecnologie nei primi occhiali creati da Roger Bacon verso la fine del tredicesimo secolo per finalità legate alla vista umana (peraltro soluzioni simili erano già usate in Cina e in altre parti d’Europa), negli organi artificiali creati nel 1665 da Robert Hooke finalizzati a migliorare i cinque sensi umani, nell’orologio da tasca inventato da John Harrison nel 1762 nella forma di cronometro per un uso marittimo, nel primo orologio da polso creato da Alberto Santos Dumont nel 1907 o nel Memex Device di Vannevar Bush creato nel 1945 per l’archiviazione di libri e informazioni.
La storia delle tecnologie indossabili a cui siamo soliti riferirci oggi segue l’evoluzione delle nanotecnologie, delle tecnologie dell’informazione e della miniaturizzazione dei componenti, ma ha tratto vantaggio anche dal passaggio al digitale, dalla scoperta di nuovi materiali e di innovativi approcci manifatturieri e di design, dalla accresciuta potenza di elaborazione e dall’intelligenza crescente delle macchine, dalla disponibilità di batterie sempre più potenti, dalla diffusione di sistemi di connettività senza fili e dalla diminuzione dei costi di ricerca e sviluppo che hanno facilitato il protagonismo di molti produttori e la nascita di innumerevoli startup. E’ una storia che è emersa da protagonista al CES (Consumer Electronics Show) di Las Vegas del 2014 trasformando le tecnologie indossabili da semplice fenomeno di nicchia a nuovo trend, segnato dall’annuncio di innumerevoli prodotti e di applicazioni da parte delle maggiori società tecnologiche e di nuove startup.
A seconda delle definizioni e delle interpretazioni storiche l’origine di queste tecnologie potrebbe essere fatta risalire all’abacus montato nel 1600 su un anello, all’orologio da tasca (orologio a cipolla reso possibile dalla invenzione del sistema a bilanciere e dell'alimentazione a molla) introdotto nel quindicesimo secolo o agli orologi da polso che lo hanno seguito come quello creato nel 1810 per la regina di Napoli.
A seguire abbiamo avuto calcolatori portatili elettronici e palmtop e altre invenzioni tecnologiche (il calcolatore da polso Pulsar del 1975, vero e proprio oggetto di moda per geek e nerd) indossate anche per scopi non propriamente legali, come i dispositivi degli anni 60/70 usati nei casinò (invenzione di Edward Thorp (considerato il primo ad avere creato un computer indossabile), un professore di matematica che ha usato con successo il primo computer indossabile delle dimensioni di una sigaretta) per prevedere i movimenti della roulette e migliorare le opportunità di vincere o le scarpe elettroniche che nel 1985 aiutarono un baro a vincere alla roulette del casino (create da Keith Taft e usate per trarre vantaggio nel gioco della roulette fino a quando non perse 4000 dollari in una sola serata).
Considerando gli oggetti tecnologici che oggi definiamo indossabili come i Glass di Google o Oculus Rift, è necessario fare una distinzione netta tra apparecchiature elettroniche destinate ad una funzione specifica e veri e propri computer programmabili, capaci di intelligenza e di eseguire applicazioni, calcoli e algoritmi.
I primi dispositivi di questo tipo vanno fatti risalire a Steve Mann che, negli anni 70-80, ideò e costruì numerosi dispositivi indossabili generici capaci di catturare informazioni e generare feedback biologici, veri e propri computer multimediali per l’ascolto e la produzione di musica ma anche per aiutare persone con difficoltà visive.
Prima di Steve Mann, negli anni 60 la Heilig brevettò un display televisivo head-mounted (HDM) seguito nel 1962 da un simulatore di realtà virtuale chiamato Sensorama. Una macchina in grado di ospitare una persona con un display binoculare, di speaker stereofonici, di un sedile capace di comunicare sensazioni e vibrazioni, di braccia artificiali, di strumenti capaci di produrre odori e generare folate di vento. Un sistema di realtà virtuale, non catalogabile nelle tecnologie indossabili, se non per la presenza di un dispositivo head-mounted, ma fondamentale per le evoluzioni tecnologiche future. Risale al 1960 l’apparizione della parola Cyborg coniata da Manfred Clynes e Nathan Kline e da allora entrata a far parte della storia delle tecnologie per la realtà virtuale e aumentata e oggi spesso usata e abusata per descrivere realtà transumane fatte di corpi biologici e macchine tecnologiche e indossabili.
Nel 1967 la Bell Helicopter mise a punto una soluzione di realtà aumentata costruita intorno ad una macchina fotografica ai raggi infrarossi e a un display head-mounted destinata a fornire a un pilota militare la possibilità di atterrare anche di notte. La fotocamera era montata direttamente sull’elicottero ma il pilota aveva la possibilità di visualizzare sul suo display quanto veniva ripreso in tempo reale.
Nello stesso anno Hubert Upton disegnò un congegno simile ma destinato alla lettura delle labbra attraverso l’uso di filtri appositi applicati ad individuare le parole pronunciare da una persona.
Nel 1968 Douglas Engelbart, l’inventore del mouse, dimostrò un prototipo di tastiera anatomica per la mano sinistra che poteva servire a produrre contenuti unitamente all’uso del mouse gestito dalla mano destra. Nel 1977 nasce il primo calcolatore con 28 tasti incorporato su un orologio da polso e capace di fornire informazioni i termini di date, ora e di inviare allarmi per scadenze e appuntamenti. Nel 1979 Sony introdusse il suo Walkman, il primo dispositivo commerciale per l’ascolto di musica attraverso musicassette.
Nel 1981 Mann costruì un dispositivo multimediale dotato di un computer indossabile (processore 6502 come quello dell’Apple II) composto da un display montato e visibile da un solo occhio e di una fotocamera, capace di fornire contenuti testuali, grafici, audio e video e dotato di un semplice meccanismo di input. Questo dispositivo è stato il primo vero computer indossabile, con risorse di calcolo per elaborare e eseguire applicazioni d pogrammabile e che permetteeva a chi lo usava di muoversi tranquillamente in una stanza o di camminare. Tra le applicazioni disponibili, una era di fotografia e permetteva la manipolazione mediata della realtà da un punto di vista fotografico e pittorico. Negli anni 80 Steve Mann produsse numerosi altri dispositivi che segnarono la strada per le tecnologie indossabili future e per la loro evoluzione.
Nel 1989 Reflection Technology introdusse un display di nuova generazione a LED rossi (280) denominato Private Eye che ebbe scarso successo per l’inadeguata scala di grigi fornita dai LED e dall’uso di luce rossa che rendeva la visione poco chiara e faticosa. Il display era finalizzato alla visualizzazione di contenuti testuali e non multimediali, un approccio tipico per dispositivi indossabili di quegli anni 80. L’importanza di Private Eye fu di far uscire le tecnologie indossabili dai garage e dai laboratori amatoriali rendendo più accessibile a tutti la tecnologia e offrendo la possibilità di dare forma a dispositivi indossabili attraverso il semplice uso di tecnologie commerciali e disponibili sugli scaffali dei negozi.
Nel 1990 Gerald Chip Maguire e Doug Platt crearono un notebook elettronico per studenti composto dal sistema Private Eye, da un notebook AIX Toshiba senza disco rigido dotato di servizi TCP, file system NFS, X-Windows e dotato di uno stilo e di una tastiera virtuale per l’input di dati e l’interazione uomo-macchina. Nel 1991 Doug Platt crea Hip-PC, un dispositivo con tecnologia 286, un floppy drive da 1,4 MB e una agenda palmtop usata come tastiera. Nello stesso anno nasce VuMan 1 (con CPU da 8 MHz in un processore 80188 e 0.5 MB di ROM) per la navigazione e visualizzazione di dati, Mark Weiser propone la sua idea di Ubiquitous Computing, Thad Starner (uno dei fondatori del progetto sulle tecnologie indossabili del MIT) comincia la sperimentazione del suo sistema indossabile basato su Hip-PC, BBN porta a termine il sistema Pathfinder (1993), un computer indossabile dotato di un sistema GPS e un computer. Sempre nel 1993 viene presentato il progetto della Columbia University sulla realtà aumentata denominato KARMA (Knowledge-based Augmented Reality for Maintenance Assistance). Attraverso un dispositivo Private Eye operativo su un occhio, l’utente poteva avere un’esperienza di realtà aumentata in alcuni ambiti specifici del mondo reale. Ad esempio un tecnico preposto a riparare una stampante poteva usare il dispositivo per visualizzare le istruzioni di manutenzione. Il tutto era reso possibile da sensori appositi applicati agli oggetti del mondo fisico e dal collegamento ad un archivio dati disponibile attraverso un computer desktop.
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
Gli anni 90 vedono la nascita di Xybernaut Corporation (1996) e dei suoi prodotti indossabili pensati per soddisfare i bisogni di utenze specializzate in attività e mercati verticali come militari, tecnici e esperti di manutenzione e customer service, logistica e grande distribuzione. Nel 2002 la Xybernaut, con l’aiuto di Toshiba, porterà sul mercato il Poma Wearable PC, un computer da Star Trek con un processore da 128 MHz, 32 MB di memoria e un sistema operativo Windows CE, commercializzato a 1499 dollari, leggero, piccolo e sexy perché privo di disco rigido e tastiera e dotato di un display a cristalli liquidi head-mounted. Poma fu un fallimento commerciale ma evidenziò le potenzialità delle nuove tecnologie, la loro integrabilità e ricchezza funzionale. Un’altra società chiamata ViA Inc. negli stessi anni produsse un computer flessibile che poteva essere indossato come una semplice cintura e che era capace di connettersi con il mondo esterno. Vitatron portò sul mercato la sua C-Series, dispositivi digitali e utilizzabili come pacemaker ma anche capaci di raccogliere informazioni cliniche sul paziente utilizzatore i pochi secondi.
Nel 1994, epoca nella quale la comunicazione wireless era praticamente inesistente, Mann diede vita a una webcam indossabile e senza fili, capace di trasferire in streaming video (webcasting) e immagini dal dispositivo indossato al Web permettendo ai naviganti della rete di vedere ciò che la sua Webcam vedeva e registrava.
Negli stessi anni vedono la luce soluzioni visionarie come quelle sperimentate nel film The Terminator, usate per mostrare su display la percezione della realtà da parte di un cyborg (anticipazione dei Google Glass), o i primi apparecchi auricolari per audiolesi, di scarso successo al tempo (1985) per le loro dimensioni e batterie dalla durata troppo limitata.
Nel 1994 Mike Lamming e Mike Flynn della Xerox EuroPARC, presentarono Forget – Me – Not, un sistema indossabile per la registrazione delle interazioni tra persone e dispositivi e la loro memorizzazione in un’apposita banca dati per future interrogazioni. Il dispositivo era in grado di interagire, attraverso idonei trasmettitori wireless, con i dispositivi presenti in una area definita in modo da registrare chi era presente e le loro attività, quali erano gli oggetti disponibili (ad esempio telefoni) e usati.
Sempre nel 1994 Edgar Matias e Mike Riucci dell’Università di Toronto crearono il primo computer da polso, a partire da un sistema palmtop modificato HP 95LX, dotato di tastiera QWERTY e display indossabili, che fornì un approccio alternativo alle soluzioni HUD indossabili. Il sistema era composto da un display e da una tastiera QWERTY allacciati ai due avambracci. Unendo le due braccia era possibile scrivere e guardare al tempo stesso il display. La soluzione fu commercializzata e seguita da soluzioni simili sviluppate da IBM con un computer da appendere a una cintura, da Panasonic nel 2002 con un Brick Computer capace di connettersi in modalità wireless con un display allacciato ad un avambraccio e da altre aziende che si limitarono però a presentare delle idee progettuali mai realizzate.
Nel 1994 DARPA finanziò il progetto Smart Modules Program finalizzato alla produzione di computer, sistemi radio di navigazione trasportabili, indossabili e dotati di interfacce studiate per un utilizzo sia commerciale che militare. Dal progetto nacquero numerose iniziative e eventi (Wearable 2005, Wearable Computer Symposium, ecc.), che permisero a università, esperti, forze armate, tecnologi visionari e aziende di condividere idee e progetti basati su tecnologie indossabili.
Nel 1998 Steve Mann creò il suo primo prototipo di computer da polso usando una piattaforma GNU Linux. Il dispositivo comprendeva una applicazione di video-conferenza (capacità di streaming a 7fps con una risoluzione da 640x480 e colori a 24-bit) e fu mostrato in una conferenza ISSCC dell’anno 2000. Il passaggio da un utilizzo del computer da polso come semplice orologio o come strumento di video-conferenza era gestito da una funzionalità denominata SECRET che permetteva di passare da una funzione all’altra in base alle necessità. Nel 2001 anche IBM svelò un suo prototipo di orologio da polso che però non fu mai commercializzato.
Prima degli anni 2000 il mercato ha visto la commercializzazione dei primi dispositivi mobili come lo Zaurus di Sharp e il Nokia N770, sistemi che hanno portato alla diversificazione successiva in termini di sistemi client leggeri (thin-client) e smartphone odierni. In parallelo si svilupparono progetti di ricerca come il LART (Linux Advanced Radio Terminal) della TU Delft basato su soluzioni open source e aperto alla collaborazione di ricercatori e aziende per realizzare tecnologie indossabili integrate, e il progetto ITSY di Compaq (2000), finalizzato alla realizzazione di un computer da tasca per il riconoscimento vocale e la decodifica di video in tempo reale.
Nel 2001 ricercatori di ETH Zurich investigarono la fattibilità di dispositivi intelligenti (WearARM) basati su dispositivi elettronici integrati con tessuti e vestiti. Nel 2000 Chandra Naraya-maswami con il suo team di ricerca realizzava per IBM un prototipo di orologio intelligente (IBM Linux Watch) che mostrava il superamento delle limitazioni tecnologiche che avevano impedito fino a allora di fornire, su un dispositivo indossabile, funzionalità diverse dal semplice calcolatore.
Nel 2002 Kevin Warwichk mostrò, all’interno del suo progetto Cyborg, un computer indossabile nella forma di una collana. Il dispositivo indossato dalla moglie Irena era elettronicamente collegato al sistema nervoso di Warwick attraverso elettrodi in ess impiantati. La dimostrazione del funzionamento del dispositivo si basava sulla trasformazione della collana da rossa a blue come effetto dei segnali inviati dal sistema nervoso di Warwick.
Nel 2004 ETH Wearable Zurich Group introduceva un computer QBIC (Q-Belt Integrated Computer) da attaccare alla cintura dei pantaloni e dotato di periferiche e relative interfacce come batterie, HMD, sensori e connettori vari. Il sistema è ancora in uso oggi e applicato alla registrazione di dati del mondo reale e al riconoscimento di attività umane all’interno di ambienti circoscritti.
Le numerose attività di ricerca svoltesi negli anni 2000 hanno sottolineato l’importanza della interazione tra dispositivi mobili e indossabili, dei sensori che sono andati a sostituire approcci manuali con meccanismi più complessi (MIThril jacket dell’MIT) per l’input dei dati, l’interazione con il contesto esterno e portato alla sperimentazione di soluzioni di realtà aumentata (Eyetap, Tinmith, ecc.) e di realtà virtuale o alla integrazione spinta di componenti elettronici direttamente sui tessuti dei vestiti (Levis, Philips, Infineon, ec.) o sul corpo umano.
Nel 2007 Eurotech introdusse un computer tattile da polso (Zypad WL1100) e applicazioni specializzate per il mercato dell’emergenza, della logistica e della sicurezza. Il dispositivo era dotato di numerosi sensori per la gestione GPS, del movimento e audio finalizzati a estendere le funzionalità di input di dati e informazioni. Quasi contemporaneamente arrivava sul mercato OQO, un PC tattile, piccolo a sufficienza da poter essere indossato usando la cintura dei pantaloni. Era dotato di numerose interfacce (Bluetooth, USB, WLAN e VGA) e di funzionalità tipiche del mondo del personal computing. Lo Zypad e OQO non potevano conquistare, per dimensioni e comodità ma soprattutto limitata durata della batteria, il mercato di massa ma furono in grado di servire ottimamente nicchie di mercato soddisfacendo i bisogni di ambiti applicativi verticali.
Il 2007 è l’anno in cui è stato introdotto l’iPhone e l’inizio della rivoluzione Mobile, consolidatasi e diventata pervasiva dopo l’arrivo del tablet iPad e dei suoi numerosi fratelli e fratellastri. Il loro successo è dipeso dalla loro trasportabilità e usabilità, dal loro fattore di forma e dai loro display tattili e sensoriali, dalle loro piattaforme di sistema operativo, dai sensori di cui sono equipaggiati e soprattutto dalla ricchezza delle loro applicazioni. La loro pervasività e la loro carica innovativa hanno trasformato i dispositivi mobili in strumenti indispensabili per tutti i ricercatori e produttori di dispositivi tecnologici indossabili. Oggi il dispositivo mobile, grazie alle sue interfacce Bluetooth e wireless, all’interazione con sistemi HDM, a nuovi accessori come le tastiere Burton, è diventato sempre più indossabile ma ha soprattutto favorito nuove ricerche e sviluppi in ambito wearable technology. La ricerca è rivolta al superamento dei limiti di interazione e integrazione tra dispositivi mobili e indossabili ma in particolare allo sviluppo di sistemi futuri, completamente indossabili e capaci di erogare gli stessi servizi e fornire funzionalità simili a quelle di uno smartphone.
Un esempio del ruolo crescente dei sensori nei nuovi dispositivi mobili e indossabili è stato nel 2008 il progetto della ricercatrice Tanzeem Choudry dell’Università di Washington che ha portato alla realizzazione di una piattaforma MSP (Mobile Sensing Platform) capace di riconoscere, attraverso sensori diversi context-aware, attività in atto sul corpo umano, o svolte dalla persona che indossa il dispositivo. Il sistema è in grado di percepire e raccogliere dati contestualizzati, di elaborarli in informazione e di memorizzarli per utilizzi futuri e di comunicarli in modalità wireless.
Dal 2007 in avanti la ricerca e lo sviluppo di dispositivi tecnologici indossabili accelera così come aumentano gli investimenti di Università e aziende private sul mercato. Le wearable technologies vengono viste come la nuova fase di evoluzione e di potenziale guadagno sul mercato tecnologico e diventano il volano per nuova innovazione, ricerca di leadership e di capacità competitiva sul mercato. La ricerca e le strategie commerciali sono prevalentemente rivolte a prodotti come braccialetti, orologi e occhiali intelligenti e a strumenti di realtà virtuale e aumentata. I mercati di riferimento principali sono quello mediale e della salute, del benessere personale e del fitness e quello tecnologico legato al Mobile.
I nuovi prodotti hanno invaso le narrazioni Web, i media e i blog ma anche i punti vendita. Cercare di descrivere tutti i prodotti oggi disponibili è una missione resa impossibile dall’elevato dinamismo del mercato così come dal numero elevato di fallimenti e flop di mercato. Uno su tutti quello dei Glass di Google che, a distanza di tre anni e dopo investimenti colossali in marketing e comunicazione non sono ancora disponibili sul mercato consumer di massa.
Tra i molti prodotti che hanno arricchito in questi anni il panorama del mercato delle tecnologie indossabili vanno menzionati:
- Fitbit: fondata nel 2007 da James Park e Eric Friedman, la società Fitbit è stata una delle prime aziende a portare sul mercato un braccialetto elettronico per la fitness di successo. Oggi il portafoglio di Fitbit è ricco di modelli e soluzioni come Fitbit Charge e Charge HR
- W200: prodotto da Glacier Computers è un dispositivo indossabile per chi opera in attività condizionate dall’urgenza e dalla necessità di avere accesso a grandi quantità di dati mantenendo le mani libere per interventi di pronto soccorso, militari e di polizia, ecc.
- Pebble: uno smartwatch personalizzabile frutto di finanziamenti in crowdfunding con Kickstarter
- Google Glass: rilasciato agli sviluppatori nel 2013 ha entusiasmato per mesi media, blogger e amanti delle nuove tecnologie. Oggi sono molti i commentatori che danno il progetto per fallito.
- Smartwatch come il recente Watch di Apple ma anche Galaxy Gear Live di Samsung, Watch Urbane di LG, Moto 360 di Motorola, Smartwatch 3 di Sony, ZenWatch di Asus, Watch di Huawei.
- Braccialetti per la fitness e il monitoraggio di impulsi vitali come UP24 di Jawbone, il Forerunner 920XT e il Vivovit di Garmin, Band di Microsoft, Carbon Steel di Basis, Gear Fit di Samsung, Activité Pop di Withings, Mio Fuse di Mio Global e Fuelband di Nike
Fino ad oggi la storia delle tecnologie indossabili è stata prevalentemente una storia dell’evoluzione delle tecnologie. Oggi è anche una storia sociale, fatta di stili di vita, di nuovi modi di vivere la tecnologia e di nuovi comportamenti di acquisto. I prodotti tecnologici indossabili sono diventati prodotti alla moda finalizzati ad attirare l’attenzione e a compiacere il consumatore. Sono pensati, disegnati, ingegnerizzati per piacere e contribuire a soddisfare i bisogni di consumatori esigenti e alla ricerca di nuove esperienze emozionali, sensoriali e personali.
Un ambito di continui sviluppi è quello della fitness, delle attività sportive, della salute e del benessere personali. Sono già innumerevoli i dispositivi preposti ad un uso medico negli ospedali o nelle sale operatorie ma anche utilizzabili da persone normali per monitorare impulsi vitali come il battito cardiaco o il respiro. Prodotti come VivaLink, un termometro del costo di soli 15 dollari e basato su tecnologie NFC che prevede il semplice contatto con la pelle per fornire informazioni utili per persone attente alla propria salute o con sintomi influenzali incombenti, come AmpStrip, un dispositivo adesivo capace di raccogliere informazioni vitali dal corpo umano a cui aderiscono fisicamente e di comunicarle allo smartphone di chi lo usa. Soluzioni come XelfleX, una t-shirt che utilizza un cablaggio di fibre ottiche per monitorare in tempo reale qualsiasi movimento del corpo, o come l’ultima novità di Apple, uno smartwatch che dispone anche di applicazioni specifiche per la salute e utilizzabili per raccogliere informazioni ma anche per attività diagnostiche e interventi medici.
La visione che ha accompagnato fin qui l’evoluzione e lo sviluppo di progetti e prodotti tecnologici indossabili è lontana dall’essere stata compiutamente realizzata e non ha ancora dimostrato la sua capacità a soddisfare la potenziale domanda commerciale già esistente. La proliferazione di nuovi prodotti che negli ultimi anni ha interessato il mercato indica descrive però una fase evolutiva che va oltre la semplice sperimentazione e il coinvolgimento di consumatori innovatori e early-adopter.
Molto del progresso fatto è dipeso dalla pervasività dello smartphone e dal ruolo che può giocare nel fornire risorse di elaborazione e applicazioni, supporto per la comunicazione e l’interazione e maggiore intelligenza ai prodotti tecnologici indossabili. Il futuro che farà la storia vedrà il superamento del dispositivo mobile per come lo conosciamo oggi e sarà ancora più eccitante ed entusiasmante della storia passata e già raccontata.
Le tecnologie indossabili troveranno applicazioni visionarie e avveniristiche nel campo della realtà virtuale e aumentata. Magic Leap ad esempio sta lavorando a soluzioni di realtà aumentata capace di fornire una visione della realtà del mondo popolata da creature di fantasia. Oculus Rift, con tecnologie in grado di interagire direttamente con il cervello e che non avrà più bisogno di display esterni, è destinato a cambiare il mondo del videogioco e del gioco online. Un dispositivo che sarà in grado di gestire i movimenti della testa, di fornire una visione panoramica a 180 gradi del campo di gioco e di offrire un’esperienza visuale immersiva completa. Microsoft sta realizzando HoloLens, un sistema avveniristico di realtà aumentata capace di tracciare movimenti e gesti e di creare realtà abitate da ologrammi tridimensionali con cui interagire e giocare.