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Tecnologia: urgente una riflessione critica e etica

Tecnologia: urgente una riflessione critica e etica

18 Febbraio 2021 Interviste filosofiche
Interviste filosofiche
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Ritengo che la tecnologia abbia un altissimo potenziale di sviluppo e che esso sia legato in buona parte alla creazione di una co-operazione tra uomo e macchina. Per esempio, possiamo immaginare che da qui ai prossimi 20 anni la robotica diventi una tecnologia sempre più utilizzata non solo in ambito industriale ma anche in ambiente domestico. È una tendenza che sembra essere plausibile alla luce dei dati degli ultimi anni che hanno visto il progressivo affermarsi sul mercato di semplici ma funzionali robot, come i robot aspirapolvere.


 "Diogene […] obiettò una volta che gli si facevano le lodi di un filosofo: “Che cosa mai ha da mostrare di grande, se da tanto tempo pratica la filosofia e non ha ancora turbato nessuno?” Proprio così bisognerebbe scrivere sulla tomba della filosofia della università: “Non ha mai turbato nessuno” (F. Nietzsche, Considerazioni inattuali III.)." 

 

Sei filosofo, sociologo, piscologo, studioso della tecnologia o semplice cittadino consapevole della Rete e vuoi partecipare alla nostra iniziativa con un contributo di pensiero? .

Tutti sembrano concordare sul fatto che viviamo tempi interessanti, complessi e ricchi di cambiamenti. Molti associano il cambiamento alla tecnologia. Pochi riflettono su quanto in profondità la tecnologia stia trasformando il mondo, la realtà oggettiva e fattuale delle persone, nelle loro vesti di consumatori, cittadini ed elettori. Sulla velocità di fuga e volontà di potenza della tecnologia e sulla sua continua evoluzione, negli ultimi anni sono stati scritti numerosi libri che propongono nuovi strumenti concettuali e cognitivi per conoscere meglio la tecnologia e/o suggeriscono una riflessione critica utile per un utilizzo diverso e più consapevole della tecnologia e per comprenderne meglio i suoi effetti sull'evoluzione futura del genere umano.

In questo articolo proponiamo l’intervista che Carlo Mazzucchelli  ha condotto con Marta Bertolaso, Director of Academy Digital Humanities & Human Centric Hub presso Deep Learning Italia, Associate Professor Campus Bio-Medico


 

Buongiorno, può raccontarci qualcosa di lei, della sua attività attuale, del suo interesse per le nuove tecnologie e per una riflessione sull'era tecnologica e dell'informazione che viviamo? 

Buongiorno, sono professore associato di Filosofia della scienza all’Università Campus Bio-Medico di Roma.

Il mio interesse per le nuove tecnologie è dettato dalla urgente necessità di una riflessione critica e etica sul tema. 

Secondo il filosofo pop del momento, Slavoj Žižek, viviamo tempi alla fine dei tempi. Quella del filosofo sloveno è una riflessione sulla società e sull'economia del terzo millennio ma può essere estesa anche alla tecnologia e alla sua volontà di potenza (il technium di Kevin Kelly nel suo libro Cosa vuole la tecnologia) che stanno trasformando il mondo, l'uomo, la percezione della realtà e l'evoluzione futura del genere umano. La trasformazione in atto obbliga tutti a riflettere sul fenomeno della pervasività e dell'uso diffuso di strumenti tecnologici ma anche sugli effetti della tecnologia. Qual è la sua visione attuale dell'era tecnologica che viviamo e che tipo di riflessione dovrebbe essere fatta, da parte dei filosofi e degli scienziati ma anche delle singole persone? 

Le nuove tecnologie (robotica, AI, IoT, Blockchain) rappresentano un carattere determinante della contemporaneità e della nostra esperienza quotidiana. Suddette tecnologie, in fatti, non solo entrano e configurano le narrazioni quotidiane e non, ma cambiano il nostro modo di percepire il mondo avendo quindi anche un impatto sui valori e su vengano trasmessi. Ragioniamo e agiamo, ad esempio, sempre di più sulla base di dinamiche di rete e non più gerarchiche e verticali. Possiamo, dunque, sostenere che queste tecnologie sono il nucleo di un cambiamento paradigmatico in atto.

Se, inoltre, poniamo l’attenzione sulla nostra quotidianità, possiamo chiaramente comprendere come la tecnologia sia parte integrante della nostra routine e non riusciamo quasi a concepire una vita senza.

Avendo, dunque, la tecnologia un carattere descrittivo emergente, è necessario sviluppare una riflessione critica sul tema, che coinvolga sia i ricercatori sia gli stakeholders. Tale riflessione deve essere caratterizzata da un approccio interdisciplinare ed integrato (non solo varie competenze messe a sistema, ma capacità dei singoli di dialogare attraverso i diversi linguaggi) al fine di far emergere sia i problemi “tecnici” legati all’AI e alle sue implementazioni sia le emergenti questioni sociali, etiche, legali e filosofiche.

Una tale prospettiva di riflessione e analisi sulle nuove tecnologie permette l’emersione di questioni non solo teoriche, ma eminentemente pratiche e di prassi. Cambiano infatti non solo i processi cognitivi, ma anche quelli decisionali, esecutivi, istituzionali, ecc. Un esempio per tutti è il web con le questioni che solleva nel catalizzare decisioni di massa o riguardo alla proprietà e gestione dei dati che tutti vi immettiamo quotidianamente. 

 

Miliardi di persone sono oggi dotate di smartphone usati come protesi tecnologiche, di display magnetici capaci di restringere la visuale dell'occhio umano rendendola falsamente aumentata, di applicazioni in grado di regalare esperienze virtuali e parallele di tipo digitale. In questa realtà ciò che manca è una riflessione su quanto la tecnologia stia cambiando la vita delle persone (High Tech High Touch di Naisbitt) ma soprattutto su quali siano gli effetti e quali possano esserne le conseguenze.  Il primo effetto è che stanno cambiando i concetti stessi con cui analizziamo e cerchiamo di comprendere la realtà. La tecnologia non è più neutrale, sta riscrivendo il mondo intero e il cervello stesso delle persone. Lo sta facendo attraverso il potere dei produttori tecnologici e la tacita complicità degli utenti/consumatori. Come stanno cambiando secondo lei i concetti che usiamo per interagire e comprendere la realtà tecnologica? Ritiene anche lei che la tecnologia non sia più neutrale? 

Sicuramente lo smartphone è uno dei dispositivi attualmente più diffusi; i report sul digitale di wearesocial.com riportano che più del 94% degli utenti tra i 16 e i 64 anni ne possiede almeno uno.

La principale conseguenza è l’emersione di una nuova e complessa dimensione, ossia il mondo digitale o dell’infosfera (nel linguaggio di un filosofo come Luciano Floridi). Gli smartphone diventano, come si menzionava sopra, mediatori dell’esperienza, che impongono un cambiamento della nostra natura relazionale. Questo è il motivo per cui, nel mio gruppo di rcerca stiamo dedicando tanta attenzione allo statuto delle nuove interfacce umano-tecnologico sia a livello dei processi di cura della persona che delle dinamiche ambientali, aziendali e culturali.

Ritengo che, al posto di concettualizzare la relazione con la tecnologia secondo il carattere della neutralità, è necessario infatti impostare la riflessione critica sui benefici, sulle potenzialità oltre che sui rischi connessi all’uso delle tecnologie. La riflessione, dunque, verterà sul problema della consapevolezza e della responsabilità, ad oggi molto scarse o spesso vuote di contenuto specifico, verso le nuove tecnologie. 

 

Secondo il filosofo francese Alain Badiou ciò che interessa il filosofo non è tanto quel che è (chi siamo!) ma quel che viene. Con lo sguardo rivolto alla tecnologia e alla sua evoluzione, quali sono secondo lei i possibili scenari futuri che stanno emergendo e quale immagine del mondo futuro che verrà ci stanno anticipando? 

Ritengo che la tecnologia abbia un altissimo potenziale di sviluppo e che esso sia legato in buona parte alla creazione di una co-operazione tra uomo e macchina. Per esempio, possiamo immaginare che da qui ai prossimi 20 anni la robotica diventi una tecnologia sempre più utilizzata non solo in ambito industriale ma anche in ambiente domestico. È una tendenza che sembra essere plausibile alla luce dei dati degli ultimi anni che hanno visto il progressivo affermarsi sul mercato di semplici ma funzionali robot, come i robot aspirapolvere. 

 

Secondo alcuni, tecnofobi, tecno-pessimisti e tecno-luddisti, il futuro della tecnologia sarà distopico, dominato dalle macchine, dalla singolarità di Kurzweil (la via di fuga della tecnologia) e da un Matrix nel quale saranno introvabili persino le pillole rosse che hanno permesso a Neo di prendere coscienza della realtà artificiale nella quale era imprigionato. Per altri, tecnofili, tecno-entusiasti e tecno-maniaci, il futuro sarà ricco di opportunità e nuove utopie/etopie. A quali di queste categorie pensa di appartenere e qual è la sua visione del futuro tecnologico che ci aspetta? E se la posizione da assumere fosse semplicemente quelle tecno-critica o tecno-cinica? E se a contare davvero fosse solo una maggiore consapevolezza diffusa nell'utilizzo della tecnologia? 

La fantascienza ha per decenni polarizzato la riflessione tecnologica tra l’assoluta paura e l’entusiasmo derivato da una società tecnologica; ciò ha contribuito alla creazione degli scenari più disparati, dividendo in comparti netti tecnofobia e tecnofilia.

Nessuno di questi scenari, però, è capace di comprendere la complessità della transizione tecnologica che stiamo vivendo. Nello specifico, ritengo che la soluzione sia adattare una prospettiva tecno-critica in grado di analizzare in modo imparziale gli aspetti negativi e le opportunità che si celano dietro alle tecnologie. Una categoria che ci sta aiutando molto in questa riflessione è quella dell’abitare non solo in senso hegeliano ma anche antropologico ed esistenziale, fino a recuperare una metafisica del mondo naturale e dell’essere umano capace di dar ragione di questi nuovi scenari che ci aprono davanti.

Tutto questo proprio attraverso la tecnologia e grazie ad essa: direi che siamo di fronte ad un momento particolarmente ricco e fecondo. Laddove sembrava che fosse proprio la tecnologia a spazzare via una riflessione più profonda sull’umano che sarebbe stato ridotto, all’interno di alcune agende, ad un mero sistema di cellule o molecole o neuroni, è la tecnologia stessa o la tecnoscienza nei linguaggi più tecnici ad aiutarci in questo approfondimento verso quello che sempre più persone chiamano umanesimo tecnologico, umanesimo manageriale, umanesimo economico

Mentre l'attenzione dei media e dei consumatori è tutta mirata alle meraviglie tecnologiche di prodotti tecnologici diventati protesi operative e cognitive per la nostra interazione con molteplici realtà parallele nelle quali viviamo, sfugge ai più la pervasività della tecnologia, nelle sue componenti nascoste e invisibili. Poca attenzione è dedicata all'uso di soluzioni di Cloud Computing e ancora meno di Big Data nei quali vengono archiviati miliardi di dati personali. In particolare sfugge quasi a tutti che il software sta dominando il mondo e determinando una rivoluzione paragonabile a quella dell'alfabeto, della scrittura, della stampa e di Internet. Questa rivoluzione è sotterranea, continua, invisibile, intelligente, Fatta di componenti software miniaturizzati, agili e leggeri capaci di apprendere, di interagire, di integrarsi e di adattarsi come se fossero neuroni in cerca di nuove sinapsi.  Questa rivoluzione sta cambiando le vite di tutti ma anche la loro percezione della realtà, la loro mente e il loro inconscio. Modificati come siamo dalla tecnologia, non ci rendiamo conto di avere indossato delle lenti con cui interpretiamo il mondo e interagiamo con esso. Lei cosa ne pensa? 

Ritengo che proprio in virtù di questa considerazione è possibile parlare del cambiamento paradigmatico imposto dalla tecnologia. La possibile assuefazione e la completa acriticità rispetto all’utilizzo dei mezzi digitali impongono il ritorno ad una riflessione critica capace di sviluppare consapevolezza e responsabilità nell’uso delle tecnologie, che ultimamente è stata abbandonata.

A questo proposito rimanderei ad un testo di recentissima pubblicazione che vede coinvolti autori autorevoli a livello nazione e internazionale: Bertolaso, Lo Storto “Etica digitale - Verità, responsabilità e fiducia nell’era delle macchine intelligenti”  LUISS Editore 2021. 

 

Se il software è al comando, chi lo produce e gestisce lo è ancora di più. Questo software, nella forma di applicazioni, è oggi sempre più nelle mani di quelli che Eugeny Morozov chiama i Signori del silicio (la banda dei quattro: Google, Fcebook, Amazon e Apple). E' un controllo che pone il problema della privacy e della riservatezza dei dati ma anche quello della complicità conformistica e acritica degli utenti/consumatori nel soddisfare la bulimia del software e di chi lo gestisce. Grazie ai suoi algoritmi e pervasività, il software, ma anche la tecnologia in generale, pone numerosi problemi, tutti interessanti per una una riflessione filosofica ma anche politica e umanistica, quali la libertà individuale (non solo di scelta), la democrazia, l'identità, ecc. (si potrebbe citare a questo proposito La Boétie e il suo testo Il Discorso sulla servitù volontaria). Lei cosa ne pensa? 

Su questa spinosa questione, ritengo che la filosofia abbia un ruolo centrale e rilevante nell’individuazione dei temi da analizzare. Allo stesso tempo, la prospettiva di questa analisi deve essere fondata sul carattere pluridisciplinare in quanto solo attraverso il confronto tra più prospettive è possibile creare progressi scientifici e una trasformazione reale.

Prendiamo, ad esempio, il caso della citata privacy; oltre l’analisi filosofica sul concetto di riservatezza, identità persona, identità sociale è necessario indagare anche la controparte legale della questione, in quanto sono due aspetti indissolubilmente connessi e che diventeranno sempre più urgenti. 

 

Una delle studiose più attente al fenomeno della tecnologia è Sherry Turkle. Nei suoi libri Insieme ma soli e nell'ultimo La conversazione necessaria, la Turkle ha analizzato il fenomeno dei social network arrivando alla conclusione che, avendo sacrificato la conversazione umana alle tecnologie digitali,  il dialogo stia perdendo la sua forza e si stia perdendo la capacità di sopportare solitudine e inquietudini ma anche di concentrarsi, riflettere e operare per il proprio benessere psichico e cognitivo. Lei come guarda al fenomeno dei social network e alle pratiche, anche compulsive, che in essi si manifestano? Cosa stiamo perdendo  guadagnando da una interazione umana e con la realtà sempre più mediata da dispositivi tecnologici? 

I social media sono mezzi di comunicazione allo stesso tempo molto potenti ma anche molto pericolosi. Rispetto alle tradizionali ‘conversazioni nelle piazze’ che da sempre hanno caratterizzato la convivenza umana, hanno una dimensione completamente nuova: la possibilità di decorrelare spazio e tempo, la realtà dalla sua narrazione, percepito e vissuto collettivo (basti pensare alla facilità con cui si possono creare identità solo digitali). Anche in questo caso esiste una ambivalenza di fondo, quindi, che li caratterizza e che richiede una nuova consapevolezza etica. Da una parte, il social media ha il potere di metterci in relazione con realtà anche molto diverse dalla nostra; dall’altra al contrario, porta all’isolamento sociale.

L’avvento della pandemia ha reso questa ambivalenza ancora più acuta e profonda perché, se da un lato, ha mostrato la sua positività nella facoltà di unire persone che fisicamente erano lontane, dall’altro ha fatto emergere sempre di più fenomeni riprovevoli quali, ad esempio, il cyberbullismo.

Sicuramente l’estrema digitalizzazione dell’esistenza può portare l’erosione della interazione umana che comporta un distacco dalla realtà e una sempre maggiore incapacità di comprensione empatica dall’altro. 

 

In un libro di Finn Brunton e Helen Nissenbaum, Offuscamento. Manuale di difesa della privacy e della protesta, si descrivono le tecniche che potrebbero essere usate per ingannare, offuscare e rendere inoffensivi gli algoritmi di cui è disseminata la nostra vita online. Il libro propone alcuni semplici comportamenti che potrebbero permettere di difendere i propri spazi di libertà dall'invadenza della tecnologia. Secondo lei è possibile difendersi e come si potrebbe farlo?

Difendersi non è solo possibile ma necessario e la prima strada per ottenere una sfera inviolabile di soggettività è porre molta attenzione ai propri comportamenti online. L’uso consapevole e responsabile è il primo dovere di un abitante del mondo digitale. 

Vuole aggiungere altro per i lettori di SoloTablet, ad esempio qualche suggerimento di lettura? Vuole suggerire dei temi che potrebbero essere approfonditi in attività future? Cosa suggerisce per condividere e far conoscere l'iniziativa nella quale anche lei è stato/a coinvolto/a? 

Consiglio ai lettori di SoloTablet di leggere Homo Deus e 21 Lezioni per il XXI secolo di Yuval Noah Harari ma anche Essere macchina di Mark O’Connell perché adottano una prospettiva critica sulla contemporaneità e sulle sfide aperte.

Visto la vitale importanza di costruire una riflessione critica della nuova tecnologia, consiglio di mostrare ai lettori tramite interviste multiple una diversa prospettiva su un dato tema trattato.

Cosa pensa del nostro progetto SoloTablet? Ci piacerebbe avere dei suggerimenti per migliorarlo!

Alla luce della situazione che stiamo vivendo, il progetto è in linea con la necessità di sviluppare e condividere una riflessione critica sulle nuove tecnologie. Strumenti come questi sono preziosi nella misura in cui riescono a raggiungere sempre più persone e a tematizzare questioni che altrimenti rischiano di rimanere chiuse in ambienti accademici o istituzionali tardando a dare il loro contributo alla vita reale delle persone.

 * Tutte le immagini all'interno dell'articolo sono fotografie di Carlo Mazzucchelli, scattate visitando una bellissima mostra in una chiesa dell'Alsazia. Le opere sono dell'artista francese Gaby Kretz.

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