"Diogene […] obiettò una volta che gli si facevano le lodi di un filosofo: “Che cosa mai ha da mostrare di grande, se da tanto tempo pratica la filosofia e non ha ancora turbato nessuno?” Proprio così bisognerebbe scrivere sulla tomba della filosofia della università: “Non ha mai turbato nessuno” (F. Nietzsche, Considerazioni inattuali III. Schopenhauer come educatore, tr. it. di M. Montinari, in F. Nietzsche, Opere, vol. III, tomo I, Adelphi, pag. 457)."
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Tutti sembrano concordare sul fatto che viviamo tempi interessanti, complessi e ricchi di cambiamenti. Molti associano il cambiamento alla tecnologia. Pochi riflettono su quanto in profondità la tecnologia stia trasformando il mondo, la realtà oggettiva e fattuale delle persone, nelle loro vesti di consumatori, cittadini ed elettori. Sulla velocità di fuga e volontà di potenza della tecnologia e sulla sua continua evoluzione, negli ultimi anni sono stati scritti numerosi libri che propongono nuovi strumenti concettuali e cognitivi per conoscere meglio la tecnologia e/o suggeriscono una riflessione critica utile per un utilizzo diverso e più consapevole della tecnologia e per comprenderne meglio i suoi effetti sull'evoluzione futura del genere umano.
Su questi temi SoloTablet sta sviluppando da tempo una riflessione ampia e aperta, contribuendo alla più ampia discussione in corso. Un approccio usato è quello di coinvolgere e intervistare autori, specialisti e studiosi che stanno contribuendo con il loro lavoro speculativo, di ricerca, professionale e di scrittura a questa discussione.
In questo articolo proponiamo l’intervista che Carlo Mazzucchelli ha condotto con Vittorio Alberti filosofo e storico, è membro della Consulta scientifica del Cortile dei Gentili, dirige la rivista online “Sintesi Dialettica” e tiene un blog su HuffingtonPost.
Buongiorno, può raccontarci qualcosa di lei, della sua attività attuale, del suo interesse per le nuove tecnologie e per una riflessione sull'era tecnologica e dell'informazione che viviamo?
La mia ricerca si è mossa finora intorno ai concetti di libertà e laicità. Negli ultimi anni, queste stesse categorie mi hanno condotto a un approfondimento nei contesti ampi dell'idea di giustizia e di estetica. In particolare, in questo momento mi sto occupando di corruzione, intesa non solo come delitto, ma come corruzione culturale.
Sto maturando un'idea di contrasto a tale corruzione a partire da una prospettiva etico-estetica. Naturalmente, tutte queste ricerche e riflessioni non possono non fare i conti con la rivoluzione tecnologica degli ultimi decenni, poiché essa investe l'idea stessa di uomo.
Secondo il filosofo pop del momento, Slavoj Žižek, viviamo tempi alla fine dei tempi. Quella del filosofo sloveno è una riflessione sulla società e sull'economia del terzo millennio ma può essere estesa anche alla tecnologia e alla sua volontà di potenza (il technium di Kevin Kelly nel suo libro Cosa vuole la tecnologia) che stanno trasformando il mondo, l'uomo, la percezione della realtà e l'evoluzione futura del genere umano. La trasformazione in atto obbliga tutti a riflettere sul fenomeno della pervasività e dell'uso diffuso di strumenti tecnologici ma anche sugli effetti della tecnologia. Qual è la sua visione attuale dell'era tecnologica che viviamo e che tipo di riflessione dovrebbe essere fatta, da parte dei filosofi e degli scienziati ma anche delle singole persone?
Io non sono particolarmente d'accordo con questa idea della fine dei tempi. Piuttosto, potremmo discutere del logoramento dell'idea di tempo, se per tempo intendiamo qualcosa che ha un fine, un progresso. Io parlerei di medio-evo. Di età di mezzo tra due evi, quello chiuso a Berlino, con la rivoluzione informatica e l'11 settembre, e quello che verrà. Oggi sono in corruzione e rinnovamento tutte le categorie del vivere individuale e collettivo, e ancora non vedo una via d'uscita per un nuovo ordine composito e plurale in grado di "fare mondo".
Miliardi di persone sono oggi dotate di smartphone usati come protesi tecnologiche, di display magnetici capaci di restringere la visuale dell'occhio umano rendendola falsamente aumentata, di applicazioni in grado di regalare esperienze virtuali e parallele di tipo digitale. In questa realtà ciò che manca è una riflessione su quanto la tecnologia stia cambiando la vita delle persone (High Tech High Touch di Naisbitt) ma soprattutto su quali siano gli effetti e quali possano esserne le conseguenze. Il primo effetto è che stanno cambiando i concetti stessi con cui analizziamo e cerchiamo di comprendere la realtà. La tecnologia non è più neutrale, sta riscrivendo il mondo intero e il cervello stesso delle persone. Lo sta facendo attraverso il potere dei produttori tecnologici e la tacita complicità degli utenti/consumatori. Come stanno cambiando secondo lei i concetti che usiamo per interagire e comprendere la realtà tecnologica? Ritiene anche lei che la tecnologia non sia più neutrale?
Sono d'accordo con il suo modo di impostare la domanda. In breve: lo strumento tecnologico, da strumento è divenuto fine, ambiente anche mentale, e di conseguenza sociale. Per ora abbiamo tante descrizioni di questa situazione. Ciò che urge è una filosofia in grado rigenerare l'idea del futuro. Filosofia non è sociologia, in questo senso.
Per rispondere alle due domande, le dico che se non rimettiamo l'uomo al centro, la realtà tecnologica diverrà sempre più il vero soggetto della storia e, in questo senso, non rivestirà più un ruolo, per così dire, neutrale.
Secondo il filosofo francese Alain Badiou ciò che interessa il filosofo non è tanto quel che è (chi siamo!) ma quel che viene. Con lo sguardo rivolto alla tecnologia e alla sua evoluzione, quali sono secondo lei i possibili scenari futuri che stanno emergendo e quale immagine del mondo futuro che verrà ci stanno anticipando?
L'immagine che sembra costruirsi è quella di un mondo senza connettivi etici, senza autenticità naturale.
Parlo anche di cose molto pratiche: per esempio, il valore dell'artigianato. Non sono d'accordo con Badiou, perché in quel modo si rischia di offrire una prospettiva per così dire passiva dell'essere umano, quindi in definitiva anti-umanistica.
E oggi invece c'è urgente bisogno di un nuovo umanesimo, a partire soprattutto dalle implicazioni del potere della tecnica: implicazioni di mentalità, cultura, produzione, rapporti sociali e quindi anche politici.
Secondo alcuni, tecnofobi, tecno-pessimisti e tecno-luddisti, il futuro della tecnologia sarà distopico, dominato dalle macchine, dalla singolarità di Kurzweil (la via di fuga della tecnologia) e da un Matrix nel quale saranno introvabili persino le pillole rosse che hanno permesso a Neo di prendere coscienza della realtà artificiale nella quale era imprigionato. Per altri, tecnofili, tecno-entusiasti e tecno-maniaci, il futuro sarà ricco di opportunità e nuove utopie/etopie. A quali di queste categorie pensa di appartenere e qual è la sua visione del futuro tecnologico che ci aspetta? E se la posizione da assumere fosse semplicemente quelle tecno-critica o tecno-cinica? E se a contare davvero fosse solo una maggiore consapevolezza diffusa nell'utilizzo della tecnologia?
Io non appartengo nè al primo nè al secondo gruppo.
Piuttosto, vorrei spostare l'asse del problema: dalla tecnologia a chi la genera. Se al centro ci sarà l'essere umano, la tecnologia sarà utile e positiva. Se al centro ci sarà la tecnica, e non l'uomo, tutto - come in gran parte già è - sarà dis-umano.
L'urgenza è rimettere al centro le possibilità umane, tutte umane.
Mentre l'attenzione dei media e dei consumatori è tutta mirata alle meraviglie tecnologiche di prodotti tecnologici diventati protesi operative e cognitive per la nostra interazione con molteplici realtà parallele nelle quali viviamo, sfugge ai più la pervasività della tecnologia, nelle sue componenti nascoste e invisibili. Poca attenzione è dedicata all'uso di soluzioni di Cloud Computing e ancora meno di Big Data nei quali vengono archiviati miliardi di dati personali. In particolare sfugge quasi a tutti che il software sta dominando il mondo e determinando una rivoluzione paragonabile a quella dell'alfabeto, della scrittura, della stampa e di Internet. Questa rivoluzione è sotterranea, continua, invisibile, intelligente, Fatta di componenti software miniaturizzati, agili e leggeri capaci di apprendere, di interagire, di integrarsi e di adattarsi come se fossero neuroni in cerca di nuove sinapsi. Questa rivoluzione sta cambiando le vite di tutti ma anche la loro percezione della realtà, la loro mente e il loro inconscio. Modificati come siamo dalla tecnologia, non ci rendiamo conto di avere indossato delle lenti con cui interpretiamo il mondo e interagiamo con esso. Lei cosa ne pensa?
La nostra comprensione del mondo è sempre soggettiva, e lo è oggi come lo era migliaia di anni fa.
Io ho paura, anzi ho il terrore che ci facciamo sfuggire di mano, in senso intimamente umano, non solo lo strumento tecnologico, ma lo strumento che ormai è contesto finale. Naturalmente, come lei dice, l'impatto di taluni strumenti incide molto nella realtà come viene intesa dalle persone. In questo senso, è fondamentale mettere a fuoco la prima delle categorie "umanistiche": la libertà.
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
Oggi la tecnica dà illusione di libertà. L'infinita possibilità, invece, genera angoscia, così come l'infinita memoria. Se ricordassimo tutto tutto tutto, saremmo storditi. Il web è un po' così: ricorda tutto. Se non c'è educazioe e istruzione, questi formidabili strumenti attuali ci renderanno ottusi, come già talora ci rendono ottusi. Non c'è, in questo, condanna o apprezzamento: c'è uno spostamento dell'asse: dal creato al creatore. Dall'oggetto tecnico, e dalla logica tecnica, all'essere umano, al "mortale", come i Greci chiamavano l'uomo.
Una delle studiose più attente al fenomeno della tecnologia è Sherry Turkle. Nei suoi libri Insieme ma soli e nell'ultimo La conversazione necessaria, la Turkle ha analizzato il fenomeno dei social network arrivando alla conclusione che, avendo sacrificato la conversazione umana alle tecnologie digitali, il dialogo stia perdendo la sua forza e si stia perdendo la capacità di sopportare solitudine e inquietudini ma anche di concentrarsi, riflettere e operare per il proprio benessere psichico e cognitivo. Lei come guarda al fenomeno dei social network e alle pratiche, anche compulsive, che in essi si manifestano? Cosa stiamo perdendo guadagnando da una interazione umana e con la realtà sempre più mediata da dispositivi tecnologici?
Sono d'accordo con Turkle, ma affermo che i social network - a patto che siano usati usati con il filtro dell'educazione critica - costituiscano un utilissimo mondo di connessione. Sicuramente stanno cambiando le abitudini relazionali, secondo uno schema di esaltazione eccessiva di un io per così dire solo o addirittura disperato, ma vorrei tornare al punto centrale: il punto è mettere al centro l'educazione umanistica. Senza questa, non c'è essere umano, non c'è giustizia e non c'è libertà. Ovunque, sia nei social network, che a casa, nella politica, o anche in vacanza.
In un libro di Finn Brunton e Helen Nissenbaum, Offuscamento. Manuale di difesa della privacy e della protesta, si descrivono le tecniche che potrebbero essere usate per ingannare, offuscare e rendere inoffensivi gli algoritmi di cui è disseminata la nostra vita online. Il libro propone alcuni semplici comportamenti che potrebbero permettere di difendere i propri spazi di libertà dall'invadenza della tecnologia. Secondo lei è possibile difendersi e come si potrebbe farlo?
Un testo utile, ma la difesa centrale è leggere i classici. Leggere e capire Dante e soprattutto sentirne la bellezza (ecco l'estetica): ecco la difesa migliore.
Vuole aggiungere altro per i lettori di SoloTablet, ad esempio qualche suggerimento di lettura? Vuole suggerire dei temi che potrebbero essere approfonditi in attività future? Cosa suggerisce per condividere e far conoscere l'iniziativa nella quale anche lei è stato/a coinvolto/a?
Vorrei proporvi ciò che più mi sta a cuore: la visione ampia della corruzione culturale, con il fine di elaborare una nuova estetica, un nuovo pensiero filosofico in grado di combatterla. A fine gennaio esce il mio prossimo libro, che fa seguito all'ultimo, proprio in questo senso. Educazione contro mafia e corruzione.
Cosa pensa del nostro progetto SoloTablet? Ci piacerebbe avere dei suggerimenti per migliorarlo!
Restate aperti e efficienti. In Italia c'è un problema grave: c'è poca gente che sa lavorare bene.
* Tutte le immagini di questo articolo sono scatti di viaggio di Carlo Mazzucchelli (Mongolia, Paesi Baltici)