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Pad-agogia: tablet e didattica

Pad-agogia: tablet e didattica

17 Ottobre 2015 Redazione SoloTablet
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Segnaliamo un testo di Roberto Franchini dal titolo completo di "Pad-agogia: tablet e didattica nei centri di formazione professionale". Un testo che fornisce un utile approfondimento sul tema dell'impiego del tablet a scuola e una fotografia interessante delle barriere che ancora ostano ad un pieno utilizzo delle nuove tecnologie nella scuola italiana.

Abstract del testo

La scuola italiana, in ogni suo settore, e dunque anche nell’istruzione e formazione professionale, si  trova in una crisi dalle dimensioni profonde, faticando a compiere l’invocato cambiamento di  paradigma, che dalla didattica delle conoscenze conduce alla didattica delle competenze.

Il  confronto internazionale, gli studi, le ricerche e le esperienze sembrano non essere bastate a  motivare, sostenere e indurre le trasformazioni richieste: l’istituzione scolastica è tuttora
profondamente ancorata ai suoi retaggi,  fatti di aule, cattedre, banchi e libri di testo. Laddove ha  almeno parzialmente fallito la parenetica pedagogica potrebbe riuscire il fattore tecnologico:  l’introduzione del tablet, infatti, richiede mutamenti radicali nel modo di concepire il rapporto tra  insegnamento e apprendimento.

La sperimentazione avviata dal CNOS nazionale, presentata nelle  sue premesse pedagogiche e nel suo progetto di avvio, va nella direzione dell’uso della tecnologia  per sostenere l’innovazione, nel segno della didattica delle  competenze.

Introduzione

Si può forse affermare che le più profonde trasformazioni culturali in ogni ambito, e dunque anche in quello pedagogico e didattico, si avverano quando sono precedute da altrettanto profonde trasformazioni tecnologiche, tali da richiedere un ripensamento dei modi consueti di pensare e di agire. Più difficile è invece il movimento contrario, cioè che i mutamenti di cultura inducano innovazioni nelle applicazioni tecnologiche.

Può capitare ancora che la crisi di un sistema, con le sue istanze di discernimento, scelta e cambiamento, trovi nei ritrovati tecnologici un potente agente trasformativo, più forte di altre motivazioni e incentivi. E’ questo forse il caso della scuola: da tempo si ha l’impressione che il tradizionale assetto, dispiegato in aule, banchi, libri e discipline, si trovi in una crisi dalle dimensioni impensabili sino a non molto tempo fa.

La risposta alla crisi della scuola è stata da più parti individuata nella didattica per competenze, capace probabilmente di superare, inglobandola, l’obsoleta didattica delle conoscenze. Tuttavia, dopo un decennio almeno di studi, ricerche ed esperienze, si ha l’impressione che la struttura profonda dell’insegnamento non sia affatto cambiata, e che i nodi centrali della nuova didattica (la centralità dello studente, l’unità di apprendimento, la valutazione formativa, etc.) costituiscano una sorta di sovrastruttura, piacevole per gli insegnanti innovatori,  sostanzialmente osteggiata dall’establishment nel suo complesso.

E’ in questo contesto di incertezza che si può collocare il dirompente potenziale dell’utilizzo del tablet nella didattica. A ben vedere, il nuovo dispositivo mal si adatta agli scenari pedagogici consueti, ma, non appena utilizzato, richiama una nuova pedagogia, o pad-agogia (Brand-Kinash, 2010) dell’apprendimento, finendo per mettere a dura prova la capacità di cambiamento delle istituzioni che lo adottano, magari senza immaginare dove esso le porterà.

Probabilmente, dunque,saranno i nuovi media a indurre quei cambiamenti che la cultura pedagogica, da sola, non è riuscita a realizzare, dando concretezza agli affascinanti slogan della didattica per competenze: la didattica per problemi e scoperte, la costruzione cooperativa delle conoscenze e l’autoregolazione dello studente.

Significativa a questo proposito è l’esperienza del Liceo Lussara di Bergamo, che già da tempo è impegnato in un processo di innovazione che, partendo dalla tecnologia, giunge ai presupposti di fondo della didattica, ovvero del rapporto tra insegnamento e apprendimento. I cinque punti fermi, dichiarati all’intero dell’e-book che narra la sperimentazione, sono i seguenti:

  • L'innovazione tecnologica non ha un valore in sé ma assume un significato soltanto se e quando diventa veicolo e/o occasione di innovazione organizzativa e metodologico della  didattica.
  • L'innovazione tecnologica non può essere attuata sporadicamente, ma implica l'interazioni “virtuosa” tra tutti gli attori che interagiscono in un contesto omogeneo, la continuità nel tempo e il consolidamento di buone prassi.
  • Le innovazioni più significative sono quelle che riescono a diventare patrimonio condiviso di tutti i soggetti coinvolti (insegnanti, studenti, dirigenti, genitori, referenti...) e innescano processi orientati al miglioramento della qualità complessiva dell’organizzazione in cui sicollocano.
  • Qualsiasi innovazione tecnologica implica una “visione” sistemica e richiede che si mettano in atto investimenti costanti, strategie permanenti di supporto ai soggetti coinvolti e politiche flessibili di alfabetizzazione, formazione continua e aggiornamento delle competenze.
  • Le innovazioni metodologiche più significative che le tecnologie possono agevolare o sostenere sono quelle che riportano lo studente al centro del processo di apprendimento e lospingono ad essere “attivamente coinvolto”.

In un articolo  neanche tanto recente (e precedente l’avvento del tablet )  del professor Brian  Alexander  una potente metafora illustra  in forma incisiva il cambiamento richiesto :

dallo studente sedentario, collocato su un banco nella passiva ricezione di messaggi e conoscenze, allo studente nomade , impegnato nel movimento costruttivo che lo spinge a intrattenere conversazioni e a ricercare informazioni lungo l’asse scuola - dispositivo mobile - mondo (Alexande r, 2004).

La domanda, particolarmente incisiva, che ne scaturisce è la seguente: le nostre scuole, concepite per l’accoglienza dello studente sedentario, saranno in grado di trasformarsi in funzione del nomadismo dello studente digitale? Il rischio è evidente: come già è avvenuto per la Lavagna Digitale, la deriva consiste nell’utilizzo dei nuovi strumenti all’interno dello scenario tradizionale, come protesi migliorativa della lezione, lasciando immutati i ruoli di insegnante e studente.

Tuttavia, se la LIM in qualche modo si prestava a questo gioco, in quanto facilmente preda, nella sua immobilità, di un insegnamento frontale, l’IPad, nella sua mobilità, o persino nella sua intimità (legata al possesso dello studente) mette in crisi questo approccio: l’insegnante che lo utilizza per far lezione corre seriamente il rischio di avere di fronte allievi solo apparentemente coinvolti, ma in  realtà “deviati” dai potenti stimoli provenienti dal tablet, invisibili agli occhi dell’adulto.

.....per completare la lettura

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