Può capitare di vedere un adulto cercare di impartire comandi ad un computer attraverso gesti tattili sul suo display non ‘touch’ o perdersi tra le icone di un tablet non sapendo cosa fare. Improbabile vedere scene simili se i protagonisti sono ragazzi e ragazzi delle generazioni Millennium e Touch. Più facile invece vedere ragazzi spiegare, a volte con fare stizzito e impaziente, ad adulti come usare uno smartphone per inviare un SMS, visualizzare l’applicazione di Facebook o accedere al web.
Agli insegnanti può anche capitare di tornare a casa con il loro iPad introdotto in classe, per farsi insegnare dai loro figli come configurarlo, attivare giochi, presentazioni,video ecc. Ciò che già fanno con lo smartphone lasciandolo spesso gestire dai figli in modo da evitare reazioni da stress tecnologico e ottenere i risultati che gli strumenti disponibili permettono (un cinguettio, un SMS, una e-mail, una mappa geosatellitare, una informazione localizzate e contestualizzata).
Quando ciò succede è come se prendessimo coscienza che una frattura generazionale si è creata a causa della invadenza e della pervasività della tecnologia. I giovani nativi digitali sembrano cresciuti a biberon e telefono cellulare o video-comando ma manifestano anche una codificazione genetica diversa che fa pensare a qualche forma innata e ad una predisposizione del cervello nell’uso della tecnologia che li circonda.
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Che questa sia la realtà è in parte dimostrato dalle molte sperimentazioni in atto in giro per il mondo. La più famosa è sicuramente quella condotta da associzioni umanitarie che operano in Etiopia e il MIT di Boston presieduto de Nicholas Negroponte. Questa sperimentazione ha portato alla consegna di decine di tablet a ragazzi etiopi poveri, senza alcuna esposizione alla tecnologia e praticamente illetterati. Le uniche informazioni fornite sono servite a comunicare agli adulti che i dispositivi elettronici distribuiti erano stati studiati per i ragazzi e come fare a ricaricarli sfruttando l’energia solare. Nessuna informazione è stata fornita ai ragazzi coinvolti nell’esperimento.
L’uso che di questi dispositivi è stato fatto dai ragazzi è stato monitorato occasionalmente con la produzione di video e l’osservazione dei loro comportamenti attraverso la SIM, accessori USB e foto-camere installate sul dispositivo stesso.
I risultati sono stati tali da poter essere usati in modo provocatorio in ambito educativo e scolastico. La velocità con cui i bambini hanno spacchettato i tablet paracadutati nei loro villaggi, hanno trovato modo di accenderli e hanno iniziato ad usarli è stata sorprendente e tale da lasciar intendere che non sia necessaria la presenza di alcun adulto…o di un insegnante. Nella maggioranza dei villaggi l’apprendimento ha preso rapidamente la forma collaborativa con alcuni ragazzi che agivano da attrattori e leader di un gruppo. Il dispositivo non è quasi mai stato usato in modo individuale ma condiviso che ha facilitato lo scambio e l’assorbimento collettivo di nuove conoscenze e favorito forme di apprendimento sempre più intense.
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
In pochi giorni i ragazzi sapevano usare le applicazioni pre-installate e dopo soli pochi mesi erano capaci di cantare canzoni americane, riconoscere le lettere dell’alfabeto inglese e persino di rimuovere un meccanismo che impediva l’utilizzo delle foto-camere digitali. Tutto senza alcuna supervisione degli adulti o una loro presenza.
Cosa sarebbe successo se i tablet fossero stati paracadutati in alcuni dei molti consigli di istituto delle scuole italiane? L'esperimento avrebbe dato risultati simili o sorpreso ancor di più gli scienziati indagatori e i ricercatori?
Sull’esperimento la letteratura giornalistica si è naturalmente sbizzarrita, meno quella scientifica. Le evidenze registrate in termini di abilità nell’uso della tecnologia da parte di bambini illetterati, di forme di auto-apprendimento e di importanza del mezzo tecnologico come sostitutivo di quello scolastico, non hanno ancora trovato pieno riscontro nella comunità scientifica in termini di lavori (paper) pubblicati. Manca anche una letteratura legata al mondo della scuola. L’esperimento sembrerebbe infatti suggerire che la tecnologia è in grado di sostituirsi alla figura dell’insegnante e di forme didattica tipicamente istituzionali e scolastiche.
Il comune buon senso suggerisce che imparare un alfabeto grazie ad un tablet è molto lontano dall’apprendere grammatica, sintassi, e lessico di una lingua. Le sperimentazioni in corso abilitate dalle nuove tecnologie suggeriscono però di mettere in discussione anche il buon senso con l’obiettivo di capire meglio la rivoluzione in corso e gli effetti che essa sta avendo sulla ‘genetica’ e sul nostro cervello (reti neuronali, neuroni e sinapsi).
Molto di tutto ciò è ancora futuribile ma le sue manifestazioni meritano riflessioni più approfondite e maggiore attenzione e osservazione.
Queste riflessioni sono già praticate da numerosi insegnanti, interessati alla innovazione e al cambiamento che le novità tecnologiche suggersicono. Il dibattito sull'importanza, il ruolo e gli effetti della tecnologia è ampio e contrastato. Le opinioni che si confrontano sono diverse e chi le sostiene è spesso motivato da pregiudizi e visioni corporative o da vere e proprie intenzioni ad impedire che il nuovo possa avanzare.
La rivoluzione tecnologica in corso rende la situazione complessa perchè rende possibili anche posizioni estreme che trovano riscontro nelle sperimentazioni fatte in Etiopia e qui sopra descritte. In realtà è difficile riuscire oggi ad ipotizzare una sostituzione tout-court dell'insegnante, così come è ancora impensabile di sostituire completamente la guida umana di un aereo con un pilota automatico.
La tecnologia può aumentare e amplificare le nostre abilità ma difficilmente le può sostituire completamente, soprattutto nelle fase che richiedono un processo decisionale complesso, dinamico, flessibile, legato all'interlocutore e al contesto. I Robot possono sostituire il lavoratore metalmeccanico in lavori routinari e ripetitivi come quelli delle catene di montaggio o l'impiegato delle compagni di viaggio per prenotazioni di aerei e hotel che prevedono l'esecuzione di transazioni legate a poche e semplici opzioni.
Difficilmente macchine tecnologiche simili o anche tecnologicamente più sofisticate, possono prendere il posto di un insegnante che interagisce con persone fisiche che comunicano e manifestano il loro pensiero attraverso il corpo e gli occhi e le loro emotività individuali. Queste forme di comunicazione e interazione non potranno mai essere pre-programmate e quindi gestite da algoritmi che le hanno previste. Al tempo stesso la macchina tecnologica difficilmente sarà in grado di ricreare l'intensità e la ricchezza che alcuni momenti educativi sono in grado di offrire a studenti e ai loro insegnanti.
Effetti e benefici della tecnologia
Detto questo bisogna che tutti si riconosca come la tecnologia abbia mutato profondamente il ruolo dell'insegnante e il suo modo di fare didattica e scuola. La diffusione di tablet in classe ha favorito l'accesso alla informazione, la ricerca bibliografica, l'ubiquità dell'apprendimento, la collaborazione e l'interazione ma anche nuove forme di didattica facendo emergere un insegnante nel ruolo del direttore di orchestra più che del presentatore e comunicatore.
Grazie alle nuove tecnologie l'insegnate può oggi:
- coinvolgere maggiormente gli studenti nell'apprendimento, anche con modalità personalizzate
- migliorare la loro capacità di ascolto e di comprensione anche di concetti complessi
- facilitare e migliorare quantità e qualità dei feedback e contro-feedback
- favorire l'accesso a persone, informazioni, eventi, notizie, ecc.
- facilitare la collaborazione e la partecipazione
- mettere a disposizione nuovi e più potenti strumenti scolastici
Chi, tra insegnanti ed esperti di formazione, non traesse vantaggio delle nuove tecnlogie, è destinato all'oblio. Gli studenti non rinunceranno ai nuovi gadget tecnologici e alle opportunità da essi offerti e manifesteranno difficoltà in aumento nell'interagire con adulti che di queste tecnologie non solo non hanno imparato le funzionalità ma che soprattutto non ne hanno compreso la valenza cognitiva e culturale di cambiamento.