Quando il polverone scatenato dal caso Cambridge Analytica si sarà depositato ciò che resterà sarà una piattaforma Facebook sempre popolata e ricca di attività. Facebook continuerà a usare algoritmi, software e intelligenze artificiali per raccogliere dati e informazioni alimentando i Big Data con i quali continuerà ad arricchirsi e a fare guadagni grazie ad aziende e inserzionisti pubblicitari interessate a promuovere i loro prodotti, il Brand e i suoi marchi.
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
Se Facebook e le altre piattaforme di social networking sono diventate spazi e luoghi del vivere quotidiano di milioni di persone, ciò non significa che ognuno di essi debba riflettere sul suo coinvolgimento digitale e sui propri comportamenti online. Non si tratta solo di mettere sotto scrutinio Facebook ma di riflettere sul fatto che il mondo digitale non è il paradiso terrestre ma un'idea, un luogo sociale e abitato, uno strumento mediatico e promozionale in mano a pochi, un acquario nel quale si è volontariamente deciso di nuotare. La conclusione di questa riflessione non deve necessariamente essere di abbandonare il paradiso terrestre e andare in esilio, ma di rivedere e riconfigurare il modo con cui si sta online.
Un primo modo per farlo, diventando finalmente più tecnocritici, tecnocinici e tecno-consapevoli, è di cercare di capire bene e sempre meglio quali siano le logiche commerciali (lo stretto legame tra informazioni e pubblicità) che fanno funzionare e tengono in piedi le piattaforme social online. Ad esempio cercare di capire come funzionano i meccanismi legati alla privacy e quanto sia illusorio pensare che essa venga sempre rispettata ma soprattutto che vengano resi chiari ed espliciti i meccanismi per limitarla in modo da essere meno trasparenti e/o di impedire che i dati personali vengano usati per entità terze. Dopo avere capito i meccanismi e le logiche delle piattaforme digitali, ma anche prima e nella vita offline, meglio fare attenzione a ogni tipo di informazione che si condivide. Ad esempio perché continuare a condividere felicemente online e su Facebook le foto di bambini in tenera età, magari per celebrare un loro compleanno o anniversario? Perché mettere a rischio per la propria negligenza i dati e le informazioni personali di amici, conoscenti o semplici contatti? Perché non fare una periodica ma attenta manutenzione del proprio account chiudendo APP non più usate, verificare i permessi della privacy da esse impostati, ecc.?
Riflettere sulle piattaforme digitali che si frequentano significa riflettere su sé stessi e i propri comportanti o abitudini. Una di queste abitudini, dopo avere smesso di farlo con i periodici cartacei e/o la televisione, è di informarsi attraverso tutto ciò che viene postato online. Il cinguettio breve serve a conoscere in tempo reale cosa sta succedendo nel mondo e sotto casa. L'aggiornamento di stato di Facebook permette di avere accesso a commenti e report sui fatti del giorno, le foto di Instagram di vedere dal vivo l'ennesima buca che si è aperta nelle strade di Roma, di Napoli o di qualsiasi altra città italiana. La cascata continua di nuove notizie e informazioni crea un sovraccarico informativo dentro il quale è facile illudersi di avere il mondo a portata di mano, pur non sapendo di quale mondo si stia parlando. L'immediatezza del presente continuo non aiuta a fare luce e a convalidare le fonti dell'informazione, facilita la riflessione, il ragionamento e la lentezza che sempre dovrebbero prevalere, soprattutto prima di ogni forma di condivisione, MiPiace o commento. Il rischio è di non essere per nulla informati e aggiornati ma soprattutto di contribuire come complici alla diffusione di false notizie, false verità o post-verità.
Un'altra abitudine che caratterizza la vita sociale online è determinata dalla rapidità con cui si agisce. Una velocità dettata dalla usabilità delle interfacce utente, dal magnetismo dei display e dalla facilità con cui si può navigare, scrollare, postare, condividere, ecc. E' una rapidità alla quale non si riesce più a rinunciare tanto si è diventati dipendenti dalle notizie online e dagli aggiornamenti o messaggi di amici e conoscenti. Per diventare tecno-consapevoli la velocità con cui si sperimenta la vita online andrebbe ridotta per assaporare la lentezza, il rinvio, il ritardo e l'esperienza offline.
Rallentare significa anche capire cosa ci sia di sbagliato nelle relazioni online, sia nel modo con cui si reagisce e si comunica ma soprattutto si costruisce una relazione con gli altri. Ad esempio si potrebbe scoprire, magari rileggendo i messaggi e le conversazioni dei giorni o mesi precedenti, di essere stati scortesi, violenti, poco moderati e educati, e di avere così contribuito a trasformare gli spazi online in luoghi sociali da cui allontanarsi o frequentare di meno. Un problema reale se si vuole continuare a usare i media sociali per rimanere in contatto con amici, aprenti e conoscenti in giro per il mondo, se si vogliono coltivare in modo positivo e profittevole relazioni personali e professionali capaci di scavalcare ogni confine e di rendere possibili relazioni durature nel tempo.