Surplus informativo e cognitivo
Siamo bombardati costantemente da una miriade di informazioni che hanno intasato le nostre normali vie di ascolto e di comprensione. Passiamo così tanto tempo di fronte ad un display da avere dimenticato che la socialità non è solo di tipo tecnologico e digitale. Siamo sollecitati così frequentemente da nuove comunicazioni, informazioni e messaggi da fare fatica a concentrare a lungo la nostra attenzione su qualcosa e, in molti casi, persino a leggere. Si finisce così per navigare, scivolare sui contenuti, catturarli visivamente e complessivamente senza farsi trascinare dalla sequenzialità delle lettere che li caratterizzano.
Questo scenario è unico e non si è mai presentato nelle fasi precedenti della evoluzione umana. E’ unico anche perché la realtà si è fusa con la realtà digitale e virtuale. Il Web non è più uno spazio separato, un cyberspazio slegato dal mondo reale. Oggi con la diffusione di milioni di dispositivi mobili la nozione di cyberspazio deve essere completamente rivista. Non ci sono più mondi alternativi ma molti universi paralleli che coesistono e si sovrappongono in un balletto che cambia stili di danza in base all’uso che ognuno fa delle nuove tecnologie come strumento di lettura, di socialità, di azione.
Narrare è creare nuove mitologie per esistere e sopravvivere
Chi vuole vivere in questo nuovo scenario deve trovare il modo di farsi vedere, di incontrare nuove persone o realtà, di partecipare a comunità e reti sociali e di farlo attraverso racconti e narrazioni di sé, delle cose che fa e che llo interessano. E’ una necessità che riguarda tutti, singole persone così come organizzazioni, associazioni, università, istituzioni e aziende. La necessità è così grande da essere diventato il nocciolo di tutte le attività. Non è un caso che tutta la politica di Renzi sia stata costruita sulla narrazione attraverso cinguettii e non è un caso che, di fronte alle prime difficoltà incontrate, tutta l’attenzione sia ora rivolta a come aggiustare una narrazione che non funziona più o ha semplicemente bisogno di essere cambiata.
Raccontare storie non è una novità emersa con il mondo digitale. Fa parte della natura umana ed è da sempre anche un’arte che molti possono praticare. Le storie sono state per centinaia di anni semplici racconti vocali da memorizzare e trasmettere alle generazioni successive come strumenti per forgiare la cultura, l’etica e la morale di un popolo. Oggi sono diventate oggetto di corsi di specializzazione e di scuole di scrittura e di regia per la narrazione sul web. I corsi sono diventati necessari perché tutti sembrano essere capaci di raccontare storie e lo possono fare grazie ai numerosi strumenti tecnologici di cui dispongono ma pochi sanno trasformare la loro narrazione in arte. Ciò è vero per singoli individui ma anche per le aziende che sembrano avere perso l’abilità dello storytelling per presentare informazioni, novità, iniziative e eventi in modo da catturare l’attenzione, fissare la memoria, fare emergere la voglia di altre storie e coltivare una relazione.
Racconti di una scena di caccia in un graffito preistorico camuno
Lo storytelling per mitologie aziendali
Molta narrazione aziendale viene fatta ancora attraverso asettici comunicati stampa, presentazioni Powerpoint piene di testo e difficili da assimilare e da video fatti in casa prolissi e che non tengono conto del ritmo a cui le storie video televisive e cinematografiche hanno abituato l’utente. Al contrario ci sarebbe bisogno di storie memorabili da ricordare, di nuove mitologie capaci di creare nuove conoscenze e nuove visioni del mondo.
Più che concentrarsi sulla bontà e sulla qualità del prodotto, dando per scontato l’interesse del consumatore/cliente, le nuove storie dovrebbero puntare alla trama del racconto con l’obiettivo di creare coinvolgimento, partecipazione, attrazione e desiderio di nuove sensazioni future da collegare a nuovi episodi della storia. Tutto ciò che ha reso così popolare la saga del Trono di spade in televisione e che porta tanti giovanissimi a frequentare le librerie per acquistare uno dei tanti sequel di romanzi come Divergent, Hanger games e altri programmi simili. I fatti di ogni episodio del Trono di spade sono così emozionanti da essere ricordati a lungo e da ingenerare una specie di dipendenza che spinge a guardare ripetutamente le varie puntate del programma per provare le stesse emozioni.
Il fatto che una narrazione sia memorabile fa viaggiare le sue storie lontano, verso nuovi orizzonti e ascoltatori ma anche nella memoria e nella esperienza di chi quelle storie ha già conosciuto. Il viaggio viene anche favorito dagli stessi passeggeri, ben disponibili a trasferire ad altri le sensazioni ricevute con il suggerimento di provarle ma soprattutto abili nell’arricchire con altre storie la stessa narrazione. Questa abilità trasferta in ambito aziendale e commerciale significa che una storia ben fatta può trasformare chi la ascolta e la condivide in un narratore capace di comunicare dettagli e storie tali da superare qualsiasi attività che possa essere implementata dall’interno di un ufficio marketing.
Una buona narrazione ispira e induce all’azione.
Lo sanno molto bene i filosofi, da Platone a Zizek e da autori come Dostoevskij e Thomas Mann a quelli che compongono le cinquanta sfumature di grigio. Lo hanno scoperto i primi ad esplorare l’arte della cinematografia e poi i maestri della narrazione moderna con sede nelle varie Hollywood o Bollywood attuali. Lo sanno i pubblicitari e gli uffici marketing che hanno investito molte risorse per costruire nuovi miti arricchendoli di nuove storie e narrazioni. Lo sanno bene infine tutti coloro che hanno sposato la rete come lo strumento per eccellenza dello storytelling moderno per la sua capacità di diffondere in tempo reale e dare forma a nuove mitologie.
La forza del racconto sta nella sua capacità di dare forma al mondo e di organizzarlo in una sequenza di fatti, con un inizio e una fine e con molte peripezie di mezzo capaci di creare un collegamento stretto con le vicende della vita reale e del suo destino, sia in termini di individui che di organismo sociale. La forza del racconto emerge da ogni fatto raccontato. Basta pensare a come viene raccontata ogni giorno la vicenda della crisi greca, con i suoi eroi buoni e cattivi che occupano le prime pagine, con Shaeuble che ricorda il nano Tyrion Lannister, protagonista del Trono di spade e Tsipras che sembra il capitano dei guardiani della notte, mentre Yanis Varoufakis gioca il ruolo del metalupo, giocatore d’azzardo ribaldo e difficile da gestire per l’estrosità del carattere e la forza della volontà (non a caso sono numerose le vignette che hanno ritratto il ministro nelle vesti di personaggi di Star Trek).
Fragilità sistemica e fragilità umane
Creare mitologie significa sperimentare l’arte del racconto per raccontare cosa si fa, come lo si fa e perché lo si fa. Non interessa più a nessuno la descrizione dettagliata delle caratteristiche di un prodotto (molti sono tra loro uguali e si trovano in ogni luogo del mondo) o delle sue funzionalità (chi legge mai le istruzioni per l’uso e quanti sono quelli che non conoscono le gesture disponibili su uno smartphone?). Se poi la narrazione è arricchita da una trama avvincente, da una scrittura di qualità e dalla capacità di farsi leggere, allora si può raggiungere anche un obiettivo commerciale. O quantomeno si riesce a sopravvivere e a essere ricordati come ancora esistenti. Il successo non è garantito, la sopravvivenza neppure ma con nuove e interessanti narrazioni quest’ultima può essere dilatata nel tempo nella speranza di ritrovare il passo per nuovi successi.
I problemi di una narrazione che funziona
Una narrazione ha successo se funziona ma anche quando ha la possibilità di affermarsi e diventare memoriabile deve fare i conti con i cambiamenti in corso in una realtà sempre più dinamica, caorica e in movimento. Il problema reale delle narrazioni attuali ha una duplice origine:
- il surplus di narrazioni che rende difficile emergere e farsi conoscere e
- i cambiamenti in atto nella mente e nei comportamenti delle persone che sembrano indicare una stanchezza anche verso le narrazioni, per come esse sono fatte oggi online.
La vita è tutta una narrazione e un fluire di racconti. Gli atomi non sono solo stati sostituiti dai bit ma anche dalle narrazioni. Se però tutti sono impegnati in narrazioni, per di più in modalità gratuita e facilitata dai numerosi strumenti tecnologici, farsi largo tra i molteplici racconti (l'abbondanza è più difficile da gestire della scarsità), trovare intrelocutori interessati e indurre all'azione è un compito sempre più complicato. La troppa informzione e il numero eccesivo di narrazioni impedisce di fatto l'acquisizione di informazioni corrette e impone una ricerca costante di ciò che serve in un mare di cianfrusaglie e spazzatura sparso ovunque e spacciato spesso per materiale utile. Come ha scritto Clai Shirky in Surplus Cognitivo, "la maggiore libertà di pubblicare diminuisce davvero la qualità media, e come non potrebbe?...più è facile per l'uomo comune pubblicar, più è comune quello che viene pubblicato."
Il surplus informativo e cognitivo non è necessariamente negativo. E' grazie ad esso che un numero crescente di persone è oggi in grado di contribuire socialmente e pubblicamente con propri contributi offerti generosamente e senza limite di tempo. Il problema nasce per chi tra tutte le narrazioni in circolazione ha bisogno di trovare un cono di luce o una vetta su cui ergersi per farsi notare e richiamare l'attenzione e creare una nuova opportunità. Senza questa opportunità la narrazione non è completa perchè non trova il modo di tradirsi in azione e di soddisfare le motivazioni e gli obiettivi di chi quella narrazione ha attivato.
Il surplus cognitivo è uno degli effetti dell'uso dei nuovi strumenti tecnologici, delle motivazioni che ci spingono ad usarli e della maggiore capacità di gestire il nostro tempo da dedicare alla interazione tecnologica e alla narrazione di noi stessi online. I grandu cambiamenti indotti dalla tecnologia non si manifestano solo con l'emergere del surplus cognitivo e del sovraccarico di informazioni. I cambiamenti, anche radicali, impiegano sempre un pò di tempo prima di manifestare tutti i loro effetti. Spesso piccoli cambiamenti, come quelli dettati dall'uso di una comunicazione cinguettante alla Twitter o visuale alla Instagram e WhatsApp, possono trasformarsi in effetto farfalla e dare luogo a grandi e profondi cambiamenti. E' quello che sta succedendo nel mondo delle narrazioni online che devono ora fare i conti con il mutato cervello delle persone e le diverse tecniche e modalità di lettura delle persone, modificate tecnologicamente. La responsabilità del cambiamento è della tecnologia ma soprattutto dell'uso che ne viene fatto!
La seconda fonte del potenziale problema che deve gestire la narrazione odierna è il cambiamento, indotto dalle tecnologie, che è avvenuto nel cervello e nella mente delle persone, senza distinzione tra generazioni. Il primo effetto visibile è la difficoltà alla lettura, per come l'abbiamo praticata e percepita da secoli, la seconda è la necessità costante di novità come se il prima e il dopo non esistessero più e fossimo tutti immersi nel Grande Presente, la terza è la difficoltà che incontrano tutte le grandi narrazioni a sviluppo lineare, sia quelle ideologiche sia quelle semplicemente commerciali. Ne è derivata una difficoltà generalizzata a raccontare storie, una maggiore facilità ad immedesimarsi nelle storie degli altri e un generale degrado culturale che costringe chi costruisce nuove narrazioni a misurarsi con il taglia incolla cognitivo e di mouse che molti utenti della rete e utilizzatori di dispositivi mobili praticano ogni giorno. E' in questo contesto che si colloca anche il lavoro dei numerosi narratori aziedali impegnati nel creare racconti dei loro prodotti e servizi. Un contesto nel quale chi legge è poco interessato ai protagonisti (prodotti e servizi) e molto di più amondo da essi frequentato, ai meccanismi che lo governano, alle trappole che lo caratterizzano e agli stratagemmi che i protagonisti mettono in campo per sopravvivere, evitare la sconfitta o primeggiare.
Per vendere prodotti servono storie e persone che le sanno raccontare
Per dirla con il filosofo Zizek in ogni evento c'è sempre qualcosa di dirompente, inaspettato e addirittura miracoloso. Ogni evento definisce una trasformazione nel modo di percepire la realtà e un cambiamento nella realtà stessa. Oggi i consumatori sono alla ricerca costante di eventi capaci di trasformare le loro vite, di renderle interessanti e divertenti e di farli sentire protagonisti del cambiamento che ogni evento comporta, anche se spesso solo di superficie e con espressioni teatrali.
Se il consumatore è alla ricerca costante dell'evento per le aziende impegnate a commercializzare i loro marchi serve molto più di un portafoglio ricco di prodotti e servizi di qualità. Serve la capacità di allestire un palcoscenico sul quale mettere in scena storie e narrazioni capaci di trasformare ogni prodotto in un evento spettacolare e teatrale. Nell'era dell'iPhone bisogna ammettere che la mitologia non nasce dalle qualità funzionali o dalla bellezza estetica di un prodotto ma dalla storia che è in grado di raccontare e dalla capacità dell'azienda che l'ha prodotto a sceneggiare questa storia in puntate sempre interessanti, esattamente come lo sono state quelle trasmesse in televisione del Trono di spade. L'iPhone batte tutti i prodotti concorrenti perchè ha saputo dare forma a luoghi. comportamenti, stili di vita e modi di pensare che hanno definito la vita di molte persone. La stessa capacità era stata dimostrata anni fa da Windows e dal suo ambiente per la produttività individuale. Le esperienze sperimentate nel tempo con un prodotto determinano la maturazione e la crescita del consumatore, si sedimentano nella memoria e finiscono per diventare parte del loro DNA.
Il consumatore che continua a acquistare un iPhone non lo fa solo perchè convinto della sua superiorità funzionale e tecnologica ma perchè coinvolto nella sua narrazione. La pubblicità tradizionale non serve più a nulla, a meno che non sia in grado di contribuire ad aggiiun gere nuovi capitoli e racconti alla saga narrativa e alla trama che vede protagonisti un marchio, un prodotto o il loro Brand.
Più che far parlare un prodotto è oggi necessario coinvolgere il consumatore trasformandolo in attore attivo e narrante della sua storia. Il prodotto diventa un accessorio, un mezzo, uno strumento narrativo che permette al consumatore di dare forma al suo stile di vita e di rappresentarlo sul palcoscenico della sua vita e del mondo. Al consumatore allora non conviene chiedere di acquistare un prodotto ma di darsi un ruolo, e tant meglio se quel ruolo nasce da ciò che è stato suggerit nella forma di narrazioni, sceneggiature e costumi teatrali.
Tra i numerosi esempi di narrazioni di successo, le aziende che volessero ridefinire le loro strategie di comunicazione e di storytelling potrebbero guardare oggi alla Chiesa di Papa Francesco e alle molteplici narrazioni a cui sta dando forma. Francesco non sembra interessato a comunicare il messaggio di una fede ma a creare tante narrazioni nelle quali un numero crescente di persone, fedeli e non credenti, possa ritrovarsi a credere.
Bibliografia
- Evento di Slavoy Zizek
- Surplus cognitivo di Clay Shirky
- La gabbia di vetro di Nicholas Carr
- Presente continuo di Douglas Rushkoff
- Irresistibili schermi di Elena Pasquinelli
- Mobilitazione totale di Maurizio Ferraris